DI COSA ABBIAMO DAVVERO BISOGNO

La sanità italiana sembra prossima al collasso. I pazienti vengono ormai stipati in ogni dove, di fronte alla penuria di posti letto. I medici, costretti a turni interminabili, sono catapultati dentro a uno scenario degno di una zona di guerra o di una qualche calamità naturale. Non solo: per far fronte all’emergenza, saranno richiamati in servizio anche medici e infermieri già in pensione.
Da qualche giorno poi si va ventilando l’ipotesi di privilegiare i pazienti con maggiore aspettativa di vita. Non ci sono abbastanza respiratori, quindi si deve fare una scelta tra chi ha il privilegio di guarire e chi è destinato a soccombere (https://www.repubblica.it/…/petrini_oggi_la_scelta_di_chi_…/)
In questo momento di grande caos vale la pena ricordare come si è arrivati a questo punto e quali sono state le priorità degli ultimi governi, in materia di una spesa pubblica che potrebbe incidere diversamente su questa emergenza.
Come sappiamo, il coronavirus ha un’alta mortalità per alcune categorie. Tuttavia, se i contagi non diminuiranno, ad uccidere non sarà il virus, ma l’incapacità del sistema sanitario di affrontare la crisi.
A fine novembre il ministro della difesa Guerini annunciava l’acquisto di 27 cacciabombardieri f-35, per un costo di oltre 3,5 miliardi di euro (https://www.disarmo.org/nof35/). Una cifra che si andava ad aggiungere ai circa 80 milioni di euro che spendiamo ogni giorno per mantenere in piedi la struttura militare(i dati si riferiscono allo studio del libro bianco della difesa e del documento programmatico pluriennale 2017-2019, per approfondimenti si veda: AA.VV., Per un futuro senza eserciti. Contro la guerra infinita e la militarizzazione sociale. Atti del Convegno antimilitarista, Milano 16 giugno 2018, Zero in Condotta, Milano).
Parallelamente, mentre le spese per le armi e le guerre aumentavano in modo costante, negli ultimi 10 anni veniva ridotta di 37 miliradi la spesa per la sanità: con una perdita di oltre 70.000 posti letto e 359 reparti (https://www.repubblica.it/…/coronavirus_lo_studio_in_10_an…/).
In dieci anni sono cambiati molti governi, ma la storia è sempre rimasta la stessa. Le priorità dei governanti sono sempre state altre: comprare strumenti di morte e riempire le strade di polizia. E anche adesso la soluzione che sembrerebbe prospettarsi non è certo quella di dirottare fondi dalla difesa alla sanità, ma quella di militarizzare le strade e sospendere a tempo indeterminato i diritti civili. A giustificazione di tali misure, lo spauracchio delle proteste avvenute in carcere, frutto di una situazione invivibile di sovraffollamento (resa ancora più tragica dalla chiusura delle visite), e non certo di un panico diffuso che potrebbe causare disordini non meglio identificati.( https://m.espresso.repubblica.it/…/coronavirus-esercito-pol….
La risposta militarista all’emergenza coronavirus sarebbe solo l’ultimo capitolo di una lunga storia. Nessun partito al potere ha infatti mai messo seriamente in discussione i soldi spesi per la difesa. Nessuno di loro ha neanche lontanamente ipotizzato che si potesse fare a meno di eserciti e di militari. Quanti lo gridavano nelle piazze, venivano additati come pazzi scriteriati. E a tutti è sembrato molto più sensato fare a meno dei posti letto in ospedale, dei macchinari e dei reparti. Con un solo giorni di spese militari si potrebbero coprire i costi annui di circa 90.000 posti letto, ma si continua a parlare di riempire le strade di militari.
Oggi questa crisi legata al coronavirus ci restituisce tutta l’urgenza della lotta antimilitarista, sbattendoci in faccia quali siano i veri bisogni di una società.
Oggi come allora non ci servono persone in divisa ma uomini in camice. Le risorse ci sono. A mancare è solo la volontà di cambiare rotta. E tale cambio non potrà arrivare da una petizione fatta allo stato. Nessun governo rinuncerà mai alle spese militari. Di fronte a quelli che dovrebbero essere bisogni primari (salute, istruzione, mezzi di sussistenza dignitosi…), ogni stato anteporrà sempre qualcos’altro (la difesa dei confini, delle banche, dell’economia…). Spetta a noi cambiare le cose, con l’azione diretta e non con inutili deleghe date a partiti e partitucoli.
Da sempre i governi fabbricano bisogni fittizi di sicurezza, a scapito delle cose che davvero ci servono. Se vogliamo uscire da questo circolo vizioso, dobbiamo imparare a immaginare una società radicalemente diversa, che ponga al centro le esigenze reali delle persone e non solo gli interessi di qualcuno. Che impari che si può vivere senza polizia e caserme, ma non senza dottori e ospedali.
Per fare questo dobbiamo lottare contro la macchina militare, che semina morte e prosciuga risorse, e insieme mettere in pratica fin da subito forme di mutuo appoggio, di solidarietà, di organizzaione dal basso. Pratiche che sappiano esautorare uno stato a cui non frega nulla della tutela della salute delle persone e che, solo quando le cose sono già alla deriva, interviene goffamente. E’ una sfida ambiziosa, ma è anche l’unica che ci permetterà di provare a costruire una società senza uomini armati per le strade, e dove non si debba più scegliere tra chi ha il diritto di vivere e chi deve essere lasciato morire.