Dopo un lungo periodo di silenzio si torna a parlare di carcere. Dall’emanazione del decreto per l’emergenza del corona virus di lunedì 9 marzo che, oltre alle innumerevoli disposizioni per i cittadini, vieta i colloqui all’interno delle case circondariali, scoppiano rivolte da parte dei detenuti in 27 istituti penitenziari. Per ora si contano 12 morti, etichettati dai giornali come “tossici” morti per overdose, e 19 evasi. Senza entrare nel dibattito che propone un complotto da parte della criminalità organizzata o dell’amministrazione pubblica della giustizia, gli ultimi eventi hanno comunque riportato alla luce l’emergenza ormai incancrenita del sovraffollamento delle carceri italiane. Dai dati del ministero della giustizia risultano infatti presenti, fino al 29 febbraio, 61.230 detenuti contro i 50.931 posti dichiarati dagli istituti penitenziari. In media quindi dove ci starebbero 100 persone, lo Stato ne inserisce 120. Scoppiano quindi le critiche al ministro della giustizia di turno e si accende nuovamente la lotta per i diritti dei detenuti. Purtroppo nemmeno in questa occasione viene messo in discussione il nostro sistema penitenziario. Esso infatti si basa sulla radicalizzazione dell’ossessione securitaria che porta a stigmatizzare e reprimere tutte le fasce della società che disturbano il cittadino modello. Poveri, tossicodipendenti, immigrati ecc. diventano portatori di una pandemia di delitti minori che appestano la vita quotidiana del cittadino rispettabile. Nel nostro contesto storico e culturale quindi il sistema penitenziario adotta un modello manageriale e si occupa di gestire e controllare il flusso di queste categorie di persone, trasformando le carceri in vere e proprie discariche sociali dove espellere le presunte problematiche della comunità.
Non ci stupiscono quindi queste rivolte poiché in queste istituzioni totalitarie basate sul potere, sull’ isolamento e sulla perdita della propria identità e dignità, l’unico diritto che i detenuti pretendono e difendono sono i colloqui con i familiari. Tutti aspettano con ansia la visita dei propri cari, per vedere il figlio che cresce senza di te, per parlare con la persona che ami, per dire a tua madre in lacrime che non succederà più e per poter ricevere quel pacco con il cibo che ti ricorda un po’ casa. Il decreto ha privato le persone del loro unico diritto ed è ingenuo pensare che la paura per il contagio bastasse ad evitare tensioni e momenti di rivolta.
La risposta all’emergenza del sistema penitenziario però anche in questo caso non è la ricerca di alternative ma l’aumento del controllo. La senatrice Piarulli, in accordo con Bonafede, infatti ha annunciato l’aumento del numero di agenti di polizia penitenziaria per poter sedare le rivolte e garantire i diritti di tutti.
Ancora una volta la risposta è l’aumento del controllo e la riduzione sempre maggiore di quei pochi centimetri di aria che permettono a chi ha perso la propria libertà di non soffocare.
“Più penso al problema del carcere e più mi convinco che non c’è che una riforma carceraria da effettuare: l’abolizione del carcere penale” (Manconi l., abolire il carcere).
Ora più che mai fuoco alle galere.