SENZA FRONTIERE – La terra da quaggiù

ATTENZIONE!

L’EVENTO DI OGGI POMERIGGIO 6 FEBBRAIO È RINVIATO

Aggiorneremo con le nuove date il prima possibile.


Due giorni contro confini e Cpr
Sabato 5 Febbraio H16:00 in Corso Alfieri (Lato Unicredit) Punto info
“DA ASTI ALLA POLONIA SOLIDALI CON CHI LOTTA CONTRO LE FRONTIERE”
Domenica 6 Febbraio H16:00 al Diavolo Rosso parleremo dei Centri di permanenza per i rimpatri: I Cpr. Lo faremo insieme all’avvocato Gianluca Vitale e a Maria Matteo militante NoBorder.

Mai più CPR – Mai più lager. Presidio

SABATO 8 FEBBRAIO 2020 Via Garibaldi – Asti – Ore 10:30

Presidio informativo contro tutti i CPR

Di seguito il testo del volantino:

SOLIDARIETA’ SENZA CONFINI
Il 18 gennaio Vakhtang è stato ammazzato di botte dalla polizia. Vakhtang era un migrante di 37 anni, originario della Georgia. Era rinchiuso in un CPR di Gradisca perché sprovvisto di documenti.

È stata fatta ogni genere di illazione su questa storia. Perché di CPR non si deve parlare. Perché non si deve raccontare che cosa sono quei luoghi. Perché non si può dire che lì dentro si muore. Almeno non in prossimità del giorno della memoria. Non quando tutti i politici si prodigano in grandi discorsi sul rispetto della vita umana e sulla necessità di non ripetere gli orrori del passato.
I CPR sono i lager della democrazia. I Centri di Permanenza per il Rimpatrio, esattamente come i campi di concentramento nazi-fascisti, sono galere in cui si finisce non per qualcosa che si è fatto, ma per quello che si è.

I detenuti dei CPR sono persone straniere divenute irregolari sul territorio italiano per visti scaduti, per aver perso il lavoro (e con questo il permesso di soggiorno) o per aver ricevuto esito negativo alla richiesta di asilo. Immigrati che senza aver provocato danno a niente e a nessuno vengono rinchiusi fino a 180 giorni.

Istituiti con la Legge Turco-Napolitano del 1998, questi luoghi hanno cambiato spesso nome (CPT, CIE) senza mai cambiare nella sostanza. Sbandierate come efficienti macchine per l’espulsione, nel corso di vent’anni, il loro tasso di rimpatrio si è attestato attorno al 50% dei reclusi. Circa la metà sono deportati al loro Paese, gli altri rilasciati con un “foglio di via”. Questi dati dimostrano con chiarezza come i CPR non servano a contrastare il soggiorno clandestino. La loro funzione è tutt’altra: profitto per le cooperative e aziende che ci lavorano dentro, consenso per i partiti che fanno propaganda elettorale sui migranti. Il loro funzionamento poi contribuisce a mantenere la comunità straniera in una condizione di inferiorità legale, terrore, ricattabilità e sfruttamento. Le aziende si arricchiscono, i politici prendono poltrone e i rinchiusi nei CPR muoiono.

Quella di Vakhtang non è una storia isolata. A luglio un altro ragazzo bengalese di 32 anni è morto nel CPR di Torino per non aver ricevuto cure mediche. Questi fatti sono lo specchio fedele delle condizioni in cui si trovano i detenuti, abbandonati a sé stessi e costretti a subire ogni giorno abusi e violenze di ogni tipo.

Contro questi veri e propri lager della democrazia è necessario prendere posizione. E’ necessario rompere il silenzio. E per farlo bisogna innanzitutto uscire dalla logica razzista che tratta l’immigrazione come un’emergenza. Le persone viaggiano da sempre e in ogni luogo. E tutti devono poterlo fare liberamente. Senza barriere e galere. Senza mettere a repentaglio la propria vita. Questa libertà non può essere un privilegio dei soli cittadini europei.

Chiudiamo le galere dei senza documenti. Per un mondo senza frontiere!

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