Una creatura si aggira per le strade della nostra città. Preti, governi e fascisti di ogni genere si sono alleati in una santa crociata contro di lei.
L’entità ha la faccia coperta ma non si nasconde. Il suo volto è coperto ma non ha paura perché sa una cosa: che le strade sicure le fanno le persone che le attraversano e non le divise o le telecamere. E oggi siamo in tanti, tante, tantu.
Gli occhi della creatura brillano attraverso il passamontagna. Lo sguardo provoca e sfida chi la preferirebbe remissiva, decorosa, rassicurante, magari vendibile sugli scaffali del supermercato o dentro un’urna elettorale, con un bell’arcobaleno per qualche quattrino o voto in più.
L’entità si aggira per queste strade e non vuole più essere legittimata, venduta, difesa da un ordine opprimente fatto di controllo e repressione. Vuole godere e far godere.
Il suo corpo è fluido e si snoda libero come il corso di un fiume, come lo scorrere delle sue acque e sfugge le categorie di chi vorrebbe incasellarla per sempre in un ruolo. Il suo corpo liquido non si lascia intrappolare e brilla al sole: favoloso, sinuoso, sfavillante, come le spire di un serpente.
Un serpente che non striscia ma fa bella mostra di sé: dei suoi tacchi a spillo, dei suoi peli, della sua ciccia, del suo corpo non produttivo, non conforme.
Le mani della creatura si alzano a strappare i confini e le frontiere che ogni giorno dividono e uccidono. Nel Mediterraneo, in montagna. Nei ghetti dei raccoglitori di frutta e pomodori, nei cantieri dove la sicurezza è un lusso.
Le frontiere che sono ovunque in mezzo a noi: nelle leggi sul decoro che cacciano i poveri dai luoghi pubblici, nelle leggi sulla proprietà che negano una casa a chi non ce l’ha. Le frontiere tra i generi, che piegano i corpi e le soggettività erranti alle regole della famiglia, che ingabbiano le relazioni, fissano i ruoli, negano la possibilità di percorsi individuali fuori dal reticolo patriarcale, statale, religioso.
La creatura si aggira per le nostre strade e non ne vuole più sapere di un mondo diviso tra sommersi e salvati, tra cittadini e stranieri. Tra individui che sono maschi perché forti, violenti, ambiziosi. E persone che sono femmine perché hanno la possibilità e l’obbligo di sfornare figli, essere amorevoli, umili e sentimentali.
La creatura ha molte braccia e le sue mani stringono bottiglie piene di fiamme, speranze, desideri, rabbia. Rabbia per Cloe e per tutte le sorelle uccise, stuprate, molestate e vessate dalla violenza di chi ha incatenato ogni soggetto a un compito prestabilito fin dalla nascita. La sua rabbia esplode e divampa contro chi ci dice che ce la siamo cercata, che i nostri vestiti non erano appropriati. Contro chi vuole privarci della possibilità di decidere sul nostro corpo. Decidere come, quando e se avere dei figli. Decidere chi e come amare. Un incendio liberatore contro i molestatori che festeggiano una menzogna chiamata patria, tra un bicchiere di vino e una violenza sessuale.
La creatura ha zampe di animale ma non vuole più essere carne da macello, non vuole più sentirsi come un pezzo di carne, come un oggetto inerte perché è un essere vivente, senziente. Non vuole più essere una macchina riproduttiva ma una scrofa, una cagna, una vacca libera.
Una creatura si aggira per le strade della nostra città. Non è uno spettro. È la lotta frocia, queer e trans-femminista: contro chi ci impedisce di costruire le nostre vite in autonomia. È una lotta che vuole fare macerie di questa società patriarcale e violenta fatta di esclusione, sfruttamento, massacri e guerre. Che vuole fare macerie di tutto questo perché ha braccia forti per ricostruire. Perché un mondo nuovo lx batte in petto. Un mondo fatto di libera sperimentazione, autogestione e mutuo appoggio. Un mondo che sta crescendo in questo stesso momento davanti ai vostri occhi.
Il primo pride è stato una rivolta. E ora? Rivoluzione.