SPEZZONA INDECOROSA AL PRIDE DI ASTI

Ieri, sabato 16 luglio, la spezzona indecorosa, nata dal Laboratorio Autogestito La Miccia e dall‘assemblea permanente del Boschetto Autogestito, ha sfilato per le strade di Asti, durante il secondo Pride cittadino. 
Anche quest’anno abbiamo deciso di prendere parte a questa iniziativa in modo critico, portando in piazza tematiche ormai abbandonate da parate cittadine ufficiali che sono state svuotate da ogni conflittualità politica. 
In testa alla nostra spezzona troneggiava una creatura mostruosa: il volto coperto da una bandana, nelle mani filo spinato spezzato, vibratori, bottiglie incendiarie, uno zoccolo di vacca e un dito medio. A simboleggiare la rottura dei confini e di tutte le frontiere: siano esse di genere, di specie o tracciate nel Mediterraneo, in montagna. Nei ghetti dei raccoglitori di frutta e pomodori, nei cantieri dove la sicurezza è un lusso. Nelle leggi sul decoro che cacciano i poveri dai luoghi pubblici, nelle leggi sulla proprietà che negano una casa a chi non ce l’ha. Le frontiere tra i generi, che piegano i corpi e le soggettività erranti alle regole della famiglia, che ingabbiano le relazioni, fissano i ruoli, negano la possibilità di percorsi individuali fuori dal reticolo patriarcale, statale, religioso.
Sotto i tacchi a spillo della creatura la testa di un alpino. Questo corpo militare, con il suo seguito di simpatizzanti, è l’emblema del machismo, delle cultura dello stupro e di un militarismo che sempre più cancella i confini tra guerra interna ed esterna. Gli alpini che ritornano dalle varie missioni imperialiste all’estero, sono infatti schierati in Val di Susa a difesa del TAV e nelle strade delle nostre città attraverso l’operazione “strade sicure”.
Durante il percorso si sono susseguiti numerosi interventi: sulla grassofobia, sul poliamore, sui Centri di permanenza per il rimpatrio, sulla bisessualità, sul carcere, sui moti di Stonewall come rivolta contro la polizia portata avanti da persone razzializzate, frocie e sex workers, contro la normalizzazione dei pride, sulle intersezioni tra le lotte antispeciste e quelle trans-femministe e queer, contro l’idea che le strade sicure le facciano i militari e le telecamere.
Abbiamo distribuito centinaia di volantini, ballato, urlato a squarciagola dietro al nostro striscione “INDECOROSƏ”, rivendicandoci la carnevalata, il cattivo gusto, la provocazione, la nostra esistenza fuori da ogni binarismo, genere e confine preimpostato. Abbiamo stretto tentacoli di complicità e lotta con lu compagnu da fuori. Ringraziamo tutte le persone che ci hanno aiutato a costruire questa spezzona di lotta favolosamente indecorosa. 

MANIFESTO INDECOROSO

Una creatura si aggira per le strade della nostra città. Preti, governi e fascisti di ogni genere si sono alleati in una santa crociata contro di lei.
L’entità ha la faccia coperta ma non si nasconde. Il suo volto è coperto ma non ha paura perché sa una cosa: che le strade sicure le fanno le persone che le attraversano e non le divise o le telecamere. E oggi siamo in tanti, tante, tantu.
Gli occhi della creatura brillano attraverso il passamontagna. Lo sguardo provoca e sfida chi la preferirebbe remissiva, decorosa, rassicurante, magari vendibile sugli scaffali del supermercato o dentro un’urna elettorale, con un bell’arcobaleno per qualche quattrino o voto in più.
L’entità si aggira per queste strade e non vuole più essere legittimata, venduta, difesa da un ordine opprimente fatto di controllo e repressione. Vuole godere e far godere.
Il suo corpo è fluido e si snoda libero come il corso di un fiume, come lo scorrere delle sue acque e sfugge le categorie di chi vorrebbe incasellarla per sempre in un ruolo. Il suo corpo liquido non si lascia intrappolare e brilla al sole: favoloso, sinuoso, sfavillante, come le spire di un serpente.
Un serpente che non striscia ma fa bella mostra di sé: dei suoi tacchi a spillo, dei suoi peli, della sua ciccia, del suo corpo non produttivo, non conforme. 
Le mani della creatura si alzano a strappare i confini e le frontiere che ogni giorno dividono e uccidono. Nel Mediterraneo, in montagna. Nei ghetti dei raccoglitori di frutta e pomodori, nei cantieri dove la sicurezza è un lusso.
Le frontiere che sono ovunque in mezzo a noi: nelle leggi sul decoro che cacciano i poveri dai luoghi pubblici, nelle leggi sulla proprietà che negano una casa a chi non ce l’ha. Le frontiere tra i generi, che piegano i corpi e le soggettività erranti alle regole della famiglia, che ingabbiano le relazioni, fissano i ruoli, negano la possibilità di percorsi individuali fuori dal reticolo patriarcale, statale, religioso.
La creatura si aggira per le nostre strade e non ne vuole più sapere di un mondo diviso tra sommersi e salvati, tra cittadini e stranieri. Tra individui che sono maschi perché forti, violenti, ambiziosi. E persone che sono femmine perché hanno la possibilità e l’obbligo di sfornare figli, essere amorevoli, umili e sentimentali.
La creatura ha molte braccia e le sue mani stringono bottiglie piene di fiamme, speranze, desideri, rabbia. Rabbia per Cloe e per tutte le sorelle uccise, stuprate, molestate e vessate dalla violenza di chi ha incatenato ogni soggetto a un compito prestabilito fin dalla nascita. La sua rabbia esplode e divampa contro chi ci dice che ce la siamo cercata, che i nostri vestiti non erano appropriati. Contro chi vuole privarci della possibilità di decidere sul nostro corpo. Decidere come, quando e se avere dei figli. Decidere chi e come amare. Un incendio liberatore contro i molestatori che festeggiano una menzogna chiamata patria, tra un bicchiere di vino e una violenza sessuale. 
La creatura ha zampe di animale ma non vuole più essere carne da macello, non vuole più sentirsi come un pezzo di carne, come un oggetto inerte perché è un essere vivente, senziente. Non vuole più essere una macchina riproduttiva ma una scrofa, una cagna, una vacca libera.
Una creatura si aggira per le strade della nostra città. Non è uno spettro. È la lotta frocia, queer e trans-femminista: contro chi ci impedisce di costruire le nostre vite in autonomia. È una lotta che vuole fare macerie di questa società patriarcale e violenta fatta di esclusione, sfruttamento, massacri e guerre. Che vuole fare macerie di tutto questo perché ha braccia forti per ricostruire. Perché un mondo nuovo lx batte in petto. Un mondo fatto di libera sperimentazione, autogestione e mutuo appoggio. Un mondo che sta crescendo in questo stesso momento davanti ai vostri occhi.
Il primo pride è stato una rivolta. E ora? Rivoluzione.

CHIAMATA INTERGALATTICA A TUTT LE CREATURE MOSTRE DELLE GALASSIE

FROCIZZIAMO IL PARCO

A fine marzo il parco Biberach è stato teatro di una aggressione omofoba ai danni di un* giovane crossdresser, che ha pubblicamente denunciato l’aggressione rivendicando con coraggio e orgoglio la libertà di esprimere la propria unicità. Ad Asti sono state molte le aggressioni di questo tipo, e per alcune persone l’unica via d’uscita da questa violenza è stato il suicidio: l’odio opprime, soffoca ed uccide. Ci siamo chiestx quale contributo potevamo dare nel concreto per portare la nostra solidarietà a chi continua a subire violenza, discriminazione e micro-aggressioni perchè osa vivere fuori dalla norma cis-etero-patriarcale. Conosciamo solo una risposta e la diamo a modo nostro.
Pensiamo che per rendere più sicuro uno spazio l’unica soluzione sia attraversarlo, a testa alta, senza aver paura di mostrarci per come siamo: diversu, fuori norma, indecorosə e mostruosə. Non chiediamo tolleranza, ci rivendichiamo questo spazio celebrando il mese del Pride: frocizziamo il parco Biberach!
Invitiamo tutte le individualità e le realtà affini a raggiungerci per un pomeriggio di rivalsa, gioia e lotta. La nostra Fata Madrina sarà la nostra punkastorie, anarkekka e indecorosa preferita: Filo Sottile!
Domenica 27 Giugno alle ore 16:30 al Parco Biberach
Creature mostre delle galassie, uniamoci! Frocizziamo il parco! Riprendiamoci gli spazi!
Suggerimenti per la giornata:
  • No bar: noi porteremo solo acqua, invitiamo chi vuole consumare cibo o bevande ad organizzarsi autonomamente.
  • Cerchiamo l’ombra ma farà caldo: portiamoci cappellini, acqua, ventagli, autan, una coperta da mettere sul prato, la crema solare, la ciotola per i cani, ecc.
  • Esprimiamo la nostra unicità: riscriviamo questa storia attraversando la giornata in piena libertà. peli, zampe, makeup sfavillante, magliette sudate, cellulite o pancette: non ci sono corpi sbagliati, vestiti sbagliati, relazioni sbagliate. portiamoci tutta la nostra bellezza e bruttezza, mostruosità e favolosità, mimetizzazione o eccentricità: l’anomalia è nessuna norma!
  • Rendiamo il parco un luogo accogliente: ci sono piante, animali, umani grandi e piccoli che lo vivono e lo attraversano. teniamone conto!
  • Responsabilità individuale e collettiva: diamo senso alla giornata partecipando attivamente. qualcunx ha bisgono di una mano? sta succedendo qualcosa di problematico? attiriamo l’attenzione, diamo una mano, non lasciamo nessunx indietro, non diamo nulla per scontato. chiunque, che sia nell’organizzazione o voglia solo partecipare come spettatore, può fare qualcosa.
  • Il covid esiste ancora: anche se molte persone hanno già fatto il vaccino e saremo all’aperto, accertiamoci sempre del consenso nella vicinanza, prendiamoci cura di chi ci sta accanto, mettiamoci la mascherina. il consenso è sempre la chiave per relazionarsi, senza eccezioni.

Tutto questo non finisce nella giornata di domenica ma dobbiamo portarcelo sempre dietro se vogliamo rendere sicuri e inclusivi gli spazi che attraversiamo.

Grazie, a domenica! <3

DDL ZAN?

Fin dalla nascita del nostro collettivo abbiamo portato avanti momenti di lotta, di informazione e di dibattito sulle rivendicazioni transfemministe e queer. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo perché riteniamo l’oppressione etero-patriarcale un fatto intollerabile che avvelena e annichilisce tuttu noi.

Il transfemminismo queer e intersezionale è parte della nostra identità errante.

Conosciamo bene gli effetti devastanti sui corpi della cultura omo-lesbo-bi-trans-fobica e conosciamo bene i difensori di tale cultura.

Conosciamo i loschi personaggi che si stanno opponendo del tutto pretestuosamente al DDL Zan: i catto-fascisti del movimento pro-life, della cosiddetta “famiglia naturale”, gli anti-abortisti, quellx che considerano la donna madre e custode del focolare domestico, quellx che pensano che la transessualità sia perversione e che l’omosessualità sia un male da curare, anche a suon di botte. Sappiamo chi sono, ci siamo scontrati mille volte con questa immondizia reazionaria e continueremo a farlo.

Conosciamo il mondo che vogliono proteggere, semplicemente perché è proprio quel mondo ciò che più di ogni altra cosa vogliamo abbattere. Abbattere una volta per tutte l’idea che la vita non abbia senso al di fuori della trinità mortifera di Dio-Patria-Famiglia.

Sappiamo benissimo che l’obiettivo della destra cattolica di declassare l’omofobia, la transfobia, la bifobia e la lesbofobia a problemi da non affrontare mai e da invisibilizzare, è funzionale al mantenimento del sistema di oppressione etero-patriarcale, attorno al quale si tutela il privilegio del maschio bianco. Noi ci opponiamo con forza al modello violento della Famiglia tradizionale, quella ingessata nel binarismo di genere e nella sottomissione della femminilità relegata nel corpo della donna biologica.

La lotta contro questi catto-fascisti ci ha negli anni avvicinato a vari movimenti transfemministi e queer non normalizzati e non estetizzati, ci ha spinto a lottare e a dialogare con soggettività che insieme all’etero-patriarcato rifiutano di farsi incorporare in un processo di cambiamento senza una vera traNsformazione sociale.

Tali movimenti hanno elaborato una serie di riflessioni intorno al DDL Zan che crediamo sia importante affrontare in questa piazza.

Il DDL non è partito dall’ascolto attento delle elaborazioni transfemministe e da quelle della comunità LGTBQIPAI+ . Non è altro che un’integrazione della legge Mancino. Tale legge rimane completamente dentro una logica punitiva e repressiva, senza andare a toccare minimamente le condizioni strutturali che rendono possibili la violenza omo-lesbo-bi-trans-fobica quotidiana. Il DDL infatti non prevede alcuna implementazione culturale, come i programmi di educazione alle differenze di genere, alla sessualità e all’affettività. E i 4 milioni di euro destinati dalla legge ai “centri per il sostegno delle vittime di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere” sono assolutamente insufficienti e non sono previsti corsi di formazione per tutto il personale nelle varie istituzioni

Il DDL poi include definizioni su orientamento sessuale, identità di genere, genere, sesso ambigue e spesso discriminatorie ed errate. Definisce le persone trans* con la parola “transessuali”, definizione non rappresentativa della molteplice esperienza trans* ed esclude altre identità (persone asessuali e non binarie) dalla protezione contro le discriminazioni.

Le aggressioni fisiche compiute da singoli individui che questa legge punisce sono solo la punta dell’iceberg; l’omo-trans-lesbo-bi-fobia è un problema strutturale della nostra società ed è principalmente di Stato: comincia nelle famiglie, cresce nelle scuole, e finisce nelle prigioni dove continua a propagarsi.

Per queste ragioni non crediamo che inasprire le pene o riempire le galere sia la soluzione ai nostri problemi. Le minacce di detenzione e le pene esemplari non sono mai reali soluzioni ai problemi sociali. Il sistema punitivo si rivolge troppo facilmente solo alle fasce sociali più svantaggiate. E recludere i corpi continua a essere la soluzione per togliere dalla vista le persone povere, mettere a tacere quelle che dissentono, escludere quelle, a vario titolo, irregolari. Un transfobico in galera non cancella l’omo-lesbo-bi-trans-fobia, un’esperienza dietro le sbarre, la privazione della libertà, non può rendere migliore né la società, né le persone che la sperimentano.

Contrastare la violenza eteropatriarcale è una lotta di tutti i giorni, perché la violenza è quotidiana e strutturale. Rilanciamo quindi e rivendichiamo oggi una battaglia che superi l’approccio legalitario/repressivo e combatta sul piano culturale e politico la violenza etero-patriarcale in tutti i settori della nostra società.

La nostra lotta è appena cominciata. Vogliamo una scuola dove vengano abbattute le barriere di genere, classe, razza, orientamento sessuale. Una scuola che educhi alle differenze di genere – sì, chiamatelo gender se volete: è insegnamento di consapevolezza e libertà, di rispetto di sé e degli altri. Vogliamo educazione sessuale e campagne di prevenzione e riduzione della violenza omo-lesbo-bi-trans-fobica. Vogliamo accesso anonimo e gratuito a screening e terapie per tuttx. Vogliamo centri antiviolenza autonomi e gestiti dal basso, con personale formato. Vogliamo consultori liberi dalle ingerenze della chiesa e ospedali liberi dagli obiettori, vogliamo case-famiglia e centri di rifugio per chi nella famiglia trova solo violenza e oppressione. Vogliamo frocizzare gli spazi cittadini e renderli sicuri con la nostra presenza, i nostri attraversamenti, i nostri corpi. La violenza è di Stato ed è strutturale. La soluzione non può che venire dal basso, attraverso l’azione diretta, l’auto-organizzazione e una traNsformazione radicale che coinvolga tutti, tutte e tuttu.

Per approfondimenti si veda:

https://filosottile.noblogs.org/post/2021/04/14/autorganizzazione-e-disobbedienza-contro-la-violenza-di-stato/

https://marciona.noblogs.org/post/2020/07/14/contro-la-violenza-molto-piu-di-una-legge/

 

LABORATORIO AUTOGESTITO LA MICCIA