Solidarietà ai prigionieri di Quarto in regime chiuso

Abbiamo ricevuto notizie che nelle ultime settimane nel carcere di Quarto d’Asti è stato introdotto il regime chiuso, una scelta che mira a punire e isolare ancora di più le persone rinchiuse. 
La custodia chiusa riduce i tempi di apertura delle celle prevedendo solo 4 ore di passeggio (l’aria) e al massimo altre 4 ore durante la giornata all’interno della sezione. Questo significa che le persone trascorrono dalle 16 alle 20 ore al giorno chiuse in cella. Inoltre tale regime impedisce di poter uscire dalla sezione durante il “lavoro” e riduce notevolmente la possibilità di partecipare alle poche attività proposte. La socialità e il movimento in quelle poche ore in cui i blindi rimangono aperti è consentito solo all’interno della sezione sotto sorveglianza diretta delle guardie. 
Questa condizione va a gravare sulle già punitive restrizioni dell’AS3. Questo carcere infatti è un’alta sicurezza e come tale riduce il numero di colloqui al mese a 4 e permette solo due telefonate da 10 minuti al mese. L’accesso dei famigliari al carcere inoltre è reso difficile dall’impossibilità di raggiungere il carcere con i mezzi pubblici. Inoltre non è presente una sala d’attesa e quindi le persone sono costrette ad aspettare fuori dal carcere sulla strada, senza neanche una tettoia per ripararsi dalle intemperie. Nonostante le pene siano molto lunghe e la possibilità di vedere i propri cari sia già ridotta l’amministrazione del carcere ha comunque deciso di limitare anche la socialità interna al carcere. 
Questo sistema di privazione si inserisce in un contesto di sovraffollamento che vede attualmente rinchiuse 250 persone nonostante i posti fruibili siano 199. 
Tutte queste persone vengono costrette a trascorrere gran parte della giornata in una cella di 9.2 mq (senza calcolare lo spazio occupato dagli arredi). Il bagno, di un 1.7 mq, è senza finestre e senza acqua calda. Nella cella c‘è solo una finestra che si apre parzialmente e una grata esterna impedisce di poter mettere anche solo una mano fuori.
In questo cubo di cemento (caldo d’estate e freddo d’inverno) vengono rinchiuse più di tre persone a causa del sovraffollamento.
Ci sembra evidente il tentativo dell‘amministrazione del carcere di Quarto d’Asti di rendere sempre più invivibile e violenta la vita all’interno di quelle mura. Di negare il bisogno umano di affettività e di voler aumentare ancora di più l’isolamento delle persone.  
Diventa quindi necessario e urgente portare la nostra solidarietà ai reclusi per sostenere percorsi di lotta comune dentro e fuori. Per rompere il muro di isolamento e silenzio e far sentire alle persone detenute la nostra vicinanza. 
Perché nonostante la retorica portata avanti anche in questa città,non esistono carceri “umani” o  riformabili e questo provvedimento che rende ancora più afflittiva una quotidianità già difficile delle persone recluse ci mostra ancora una volta la sua natura strutturalmente violenta. 
 Ma a questa violenza quotidiana all’interno dei luoghi di reclusione però c’è chi non si arrende  e prova in qualche modo a restituire la violenza che subisce quotidianamente, come ci dimostrano le numerose rivolte e proteste che continuano a infiammare le carceri e i cpr da nord a sud del paese. 
Contro le galere e la società che ne ha bisogno. Tuttx LIBERX 

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