Saluto solidale al carcere di Quarto d’Asti

Dopo un’estate di rivolte, ammutinamenti, evasioni e proteste da parte delle persone recluse contro le condizioni di vita insostenibili, il sovraffollamento, i suicidi e la violenza strutturale delle prigioni continuiamo ad andare sotto le mura delle carceri per rompere l’isolamento tra dentro e fuori. Il governo Meloni con il DDL 1660 colpisce anche chi decide di ribellarsi all’interno delle carceri e dei Centri di espulsione, un tentativo per far tacere le proteste di chi si trova reclusx e di colpire chiunque porti solidarietà e sostegno dall’esterno.

Domenica torniamo sotto il carcere di Quarto d’Asti per far sentire il nostro sostegno e la nostra solidarietà ai reclusi.

ROMPIAMO L’ISOLAMENTO
Contro tutte le galere – Liberx tuttx

Domenica 27 Ottobre – h 15 – Carcere di Quarto d’Asti

PUNTO INFO – CONTRO OGNI GABBIA

Sabato 19 ottobre torniamo al parco della resistenza con il banchetto contro ogni gabbia : Zine,volantini e appiccichini !

Un’occasione per confrontarci sulla repressione delle lotte, il DDL 1660, i tentativi da parte di chi ci governa di reprimere ogni spiraglio di lotta e solidarietà.

Nella giornata di ieri due compagnx del nostro collettivo sono statx raggiuntx da due avvisi orali da parte della questura di Asti. Nel clima di guerra in cui stiamo vivendo, non ci stupisce l’azione degli sbirri di provare ad isolare e spaventare chi prova ad organizzarsi e lottare anche in una città di provincia come la nostra.

Ancora una volta mandiamo un forte abbraccio solidale ai compagni e compagne raggiuntx dai fogli di via da Asti per essere scesi in strada con noi durante il festival delle sagre, in solidarietà ai lavoratori delle campagne e contro la riapertura del Cpr a Torino a novembre.

continueremo a scendere in strada contro lo stato e chi protegge questa società fondata su prigioni, confini, guerre e sfruttamento.

Ci vediamo il 19 ottobre dalle ore 9:00 ai giardinetti !

La repressione non fermerà la lotta

Nella giornata del 26 settembre la Digos di Torino ha notificato ad un compagno un foglio di via per due anni dal comune di Asti emesso dalla Questura astigiana
Il motivo descritto nel divieto è quello di aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata e ad un blocco stradale.
I fatti si riferiscono al 7 settembre, quando ad Asti un gruppo di compagnx è sceso in strada nelle zone antistanti la stazione e Corso Matteotti interrompendo, per qualche momento, la quotidianità di chi si riversava in piazza del Palio per l’inizio delle Sagre (manifestazione storica della città di Asti che mette al centro i piatti tipici e il vino del territorio e che attira centinaia di turisti ogni anno). 
Abbiamo cercato di far luce sulla macchina sfruttatrice e razzista che stato, padroni e organizzazioni datoriali, come Confagricoltura e Coldiretti, alimentano per mandare avanti un pezzo della malconcia economia italiana. La nostra solidarietà era diretta ai braccianti sfruttati e picchiati nelle Langhe, nel Saluzzese, a chi è costretto a lavorare per pochi euro al giorno, senza un posto dignitoso dove poter dormire, sotto il costante controllo della polizia. Quella stessa solidarietà voleva rompere la morsa della routine mortifera che isola e rende sorde soprattutto le città di provincia come la nostra di fronte allo sfruttamento lavorativo e alla sue connessioni con il ricatto del permesso di soggiorno, la clandestinizzazione delle persone migranti e i Centri di detenzione amministrativa (CPR). Dopo gli episodi di aggressione ad alcuni braccianti dell’albese da parte dei loro caporali e in vista della riapertura del Centro per i Rimpatri di Torino ci è sembrato urgente, da un lato portare in strada la realtà dello sfruttamento e della violenza razzista che si cela dietro il mercato del vino e della frutta, dall’altro portare la nostra solidarietà in una zona della città colpita da retate, operazioni di polizia, controlli e deportazioni, richieste a gran voce da tutto l’arco politico istituzionale della città, e probabilmente diminuite nell’ultimo anno anche grazie alla chiusura del CPR di Torino a seguito delle rivolte dei reclusi del marzo 2023. Una lotta, quella dei reclusi del CPR, che ha garantito un briciolo di libertà in più alle persone che si muovono sul territorio piemontese, ma che per effetto della ristrutturazione e riapertura rischia di essere resa vana.
Scendere in strada, autorganizzarci ed esprimere solidarietà agli oppressi e contrarietà contro ogni forma di oppressione ci sembra il minimo di fronte alla violenza dello Stato, delle sue frontiere e delle sue prigioni, non solo nelle grandi città, ma ovunque. La presenza in strada quel 7 settembre ha generato piccoli gesti di solidarietà da parte di alcune persone che ascoltavano le nostre parole ed è stata capace di rompere, per qualche momento, la sensazione che ogni possibilità di movimento sia controllata da polizia e telecamere. 
In un presente/futuro dove ogni pratica di lotta o parola di dissenso sarà punita e criminalizzata, l’unica strada che abbiamo è continuare a lottare
Un abbraccio solidale al compagno di Torino raggiunto dal foglio di via da Asti. 
LA REPRESSIONE NON FERMERÀ LA LOTTA 
IN SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA ED È SFRUTTATO NELLE CAMPAGNE, A CHI SFUGGE ALLA VIOLENZA DELLE FRONTIERE CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI A TORINO

PER UNA CHIAMATA DI DISCUSSIONE E MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO.

TORINO / 1,2 e 3 Novembre 2024

Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste, scioperi, rivolte ed evasioni – sopratutto dentro le galere di in ogni parte del paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari passo, affilando la sua lama, puntandola spietatamente contro poverx, migranti e ribelli nonché chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e resistere. Gli strumenti legislativi a disposizione delle procure si stanno, infatti, rimpolpando di disegni e decreti legge criminogeni che mirano ad ampliare il ventaglio dei reati, intensificarne le pene e abbassare la soglia di punibilità.

Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà in cui ci vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto dettagliata e puntuale, va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi anni sono state portate avanti le proteste e le lotte più incisive che hanno attraversato il paese, dai luoghi di detenzione (carcere e CPR) alle mobilitazioni contro il disastro climatico.

D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine temporale, e tra i più noti, che da decenni accadono nelle campagne italiane – di Satnam Singh a ricordarci che la linea del colore e l’oppressione di classe segnano indelebilmente il destino all’interno delle dinamiche di sfruttamento della forza lavoro. O l’assassinio di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio a ribadire, ancora una volta, come le galere amministrative assolvano quotidianamente a uno dei loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx senza documenti europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino lottare, autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del dominio.

Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare gli animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di detenzione – sia penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per mano di ogni età. Fuori da quelle mura, solidali e complici han cercato le proprie strade per mostrare supporto, tessere legami, far circolare le notizie, rendersi tasselli di comunicazione, affiancando chi ha deciso di parlare per sé attraverso rivolte e proteste.

Sappiamo che il capitalismo differenziale – tanto più se in crisi economica e in un panorama bellico – ha sempre più bisogno di allargare le maglie quantitative del contenimento, irregimentare i metodi di tortura con il fine – neanche tanto sottinteso – di terrorizzare su larga scala e contenere coloro che si ribellano. Guerra, violenza, repressione, sorveglianza e incarcerazione, costituiscono gli strumenti necropolitici per antonomasia che si ripercuotono materialmente sui corpi provocando morte e sofferenza. Spezzano i legami ma, allo stesso tempo, producono nuove relazioni sociali, nuove grammatiche del potere, iscrivendole all’interno di un’economia politica imperniata sulla gerarchizzazione dell’umano.

La necropolitica, provando a interpretare i presenti sconvolgimenti globali, non è tuttavia semplicemente un processo bensì un vero e proprio paradigma. Il conflitto bellico tra l’Ucraina e la Federazione Russa e il genocidio in atto da parte dello stato sionista nei confronti della popolazione palestinese, sono – all’interno di questo quadro – potenti esempi di come agisce tale macchina.

Alle nostre latitudini i venti di guerra soffiano in molteplici direzioni; ne sono un esempio, da un lato, gli investimenti massicci nel settore bellico da parte del governo Meloni, dall’altro la stesura di decreti sicurezza, creati ad hoc, in cui vengono categorizzati sempre più nuovi nemici interni, evocando incessantemente una supposta minaccia incombente sulla stabilità del sistema economico e sociale.

Non limitandoci a osservare il fenomeno della guerra, come mera espressione dei/delle governanti di turno o di contingenti necessità geopolitiche, ci preme piuttosto leggere il presente bellico come parte integrante del capitalismo, e nella fattispecie di quello neoliberale, grimaldello della paura e della retorica massmediatica: base discorsiva per l’assestarsi o l’accelerare di alcune modificazioni del presente. Fondamentale, in merito ai discorsi oggetto di questa chiamata, l’intensificarsi di una retorica potente sul nemico interno delineato, non solo in chi lotta o dissente, ma soprattutto in colui che si trova ai margini del privilegio di classe e razza. A tal proposito, il razzismo sistemico e sistematico, l’islamofobia, la clandestinizzazione forzata delle persone in viaggio senza documenti europei, la brutalità delle frontiere e le morti in galere e CPR, sono parte del complesso set di strumenti torturatori che il potere si dà per tenere sotto scacco una vasta quantità di popolazione. Ne consegue un’architettura lineare che oggi sfrutta sul lavoro, domani capitalizza nei centri di detenzione e – magari – in un futuro guerreggiato neanche troppo lontano, ricatta per comporre le fila di una possibile legione straniera.

Delineare la geografia del razzismo sistemico e sistematico diventa lo strumento analitico fondamentale per trovarsi, tra complici e solidali, riconoscersi e identificare i punti di attacco. A seguito dell’importante chiamata promossa dalla Rete Campagne in Lotta (https://campagneinlotta.org/violenze-e-morte-alle-frontiere-razzismo-quotidiano-segregazione-rispondiamo-a-tutto-questo/) ad Aprile a Roma, proponiamo un seguito di quel momento di confronto a Torino, per l’1/2/3 Novembre 2024.

Occasione preziosa per lanciare anche un’iniziativa pubblica contro la riapertura del CPR di Torino, chiuso per la prima volta nel Marzo 2023 grazie a tre settimane di coraggiose rivolte, che han permesso al fuoco di distruggere, totalmente, una galera per persone senza documenti europei attiva da 25 anni.

Un anno e mezzo fa, all’incirca, il CPR di Corso Brunelleschi veniva distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della macchina delle espulsioni nostrane. Da quelle calde giornate invernali di fuoco, numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri contro la polizia, che hanno caratterizzato la quotidianità all’interno dei lager di Stato italiani. La violenza agita dalla detenzione amministrativa va inserita in un quadro ampio e complesso che conduce a uno sguardo sulla macchina delle espulsioni e ai CPR, come la punta visibile di un iceberg, in cui si annodano più strati e substrati di violenza e razzismo sistemico.

Se, infatti, il razzismo è un concetto solido – tangibile nella sua produzione di conseguenze materiali – urge produrre un discorso intellegibile che, con puntualità, renda esplicita la geografia dell’oppressione, lungo la linea del colore e della classe.

Estrapolare la lotta contro i CPR, da un discorso unicamente antidetentivo, ci consente di rendere esplicito il ruolo che queste prigioni hanno nel fungere anche, e non solo, da monito ai liberi e rafforzare così il ricatto del permesso di soggiorno. Lottare contro le galere amministrative, assume così, un significato nel porsi a fianco dei migranti, lavoratori e non, che chiedono documenti, casa e tutele per tuttx. In questo panorama, attaccare la forma tangibile di una frontiera vuol dire porsi al fianco di chi è rimbalzato, tramite dispositivi e leggi europee, tra l’essere l’oggetto di scambio tra Stati, merce di profitto per privati, strumento di pressione mediatica per fini nazionalistici e/o manodopera a basso costo.

Sentiamo sempre più urgente, prioritario e impellente incontrarci e organizzarci per analizzare il reale mortifero in cui viviamo, trovarci tra complici e tessere le reti di alleanze possibili con il fine di trovare i punti di attacco all’impianto razzista che scandisce la quotidianità nel capitalismo di oggi.

Il coraggio dirompente del reclusi del CPR di Torino nel Febbraio 2023 non può rimanere silente, dimenticato e rifagocitato dalla macchina razzista.

A tal proposito invitiamo compagnx, complici, solidali a venire a Torino nei primi giorni di Novembre per tre giorni di discussione e mobilitazione nazionale.

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PROGRAMMA GIORNATE

VENERDI 1 NOVEMBRE

ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI

SABATO 2 NOVEMBRE

DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, via Millio Torino

DOMENICA 3 NOVEMBRE

DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)

Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte @ autistici.org

 

In solidarietà a chi lotta nelle campagne, chi distrugge i CPR e chi sfugge alla violenza delle frontiere

Il CPR ( centro di permanenza per il rimpatrio) è una prigione per le persone che non hanno il documento “giusto” o che hanno ricevuto un provvedimento di espulsione dal territorio italiano.

Le storie di violenza e situazioni terribili all’interno dei Cpr sono tantissime, mancanza di assistenza sanitaria, isolamento, botte e umiliazioni di ogni tipo sono la normalità all’interno di questi luoghi.
Da più di vent’anni questi Lager sono attivi nel nostro paese, accettati e sostenuti da tutti i governi di destra e di sinistra che si sono alternati negli anni. In questi vent’anni però sono innumerevoli e continue le proteste delle persone che finiscono chiuse in questi luoghi.
Proteste individuali, rivolte collettive, fughe, resistenze alle espulsioni, danneggiamenti e incendi hanno portato, più volte, alla chiusura parziale o totale di queste prigioni.
Poco più di un anno fa il CPR di Torino è stato chiuso grazie al coraggio dei ribelli che hanno deciso di distruggere la gabbia in cui si trovavano rinchiusi, dando fuoco all’edificio, rendendolo inagibile. Grazie a quella lotta, nessuna persona è stata rinchiusa e deportata dal cpr di corso Brunelleschi a Torino per più di un anno.
Oggi sappiamo che il cpr di Torino è in ristrutturazione e la riapertura è fissata per il 1 novembre 2024. Per quanto riguarda il Piemonte quel periodo coincide con la fine della stagione della raccolta nelle campagne, dove
centinaia di persone sfruttate lavorano con salari da fame e in condizioni terribili, per arricchire le tasche dei vari imprenditori di vino e frutta. Quando finisce il lavoro nelle campagne inizia quello della polizia e delle varie questure che si attivano per “ripulire” alcune zone della città a
caccia delle persone senza documento, distribuendo fogli di via, provvedimenti di espulsione e fermi.
La detenzione amministrativa e i Cpr sono strumenti di controllo e repressione delle persone sul territorio senza documenti e una minaccia per tutti gli sfruttati e le sfruttate che diventano così ricattabili.
Opporsi e lottare contro la riapertura del CPR di Torino e la macchina delle espulsioni che alimenta, è giusto e necessario, perchè non ci sarà mai libertà per tutti e tutte finché un pezzo di carta con il timbro di un ministero avrà il potere di decidere sulla vita delle persone.

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La Miccia chiude ma non si spegne

Dopo 5 anni di attività e sperimentazione all’interno dello spazio in Via Toti 5 Asti, abbiamo deciso di lasciare questo luogo. Continueremo a portare le lotte per le strade della città.

Per sapere dove e quando ci becchiamo contattateci sui soliti canali.

– Collettivo La Miccia.

FUOCO ALLE GALERE

Sull’onda della mobilitazione in solidarietà ad Alfredo Cospito contro il 41 bis, nell’ultimo anno abbiamo alimentato la lotta anticarceraria sul nostro territorio con dibattiti, presidi e con i saluti sotto al carcere di Quarto d’Asti, con l’obiettivo di rompere il silenzio e l’isolamento in cui lo Stato vorrebbe relegare le persone recluse. Negli ultimi giorni siamo statx tuttx colpitx dall’ennesimo pestaggio all’interno del carcere di Reggio Emilia, dove si vede un detenuto di 40 anni incappucciato e inerme pestato a sangue da un gruppo di 10 guardie. Quelle immagini hanno scatenato indignazione e dibattiti anche in ambienti normalmente impermeabili al tema della violenza istituzionale delle carceri. Ma anche davanti ad un fatto così indifendibile, l’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) ha strumentalizzato senza alcuna vergogna l’episodio per portare avanti le lamentele e le richieste delle guardie del carcere di Quarto d’Asti. Nello specifico denunciano mancanza di personale, luoghi di lavoro insalubri, turni massacranti e mancanza di sicurezza per il personale. Riteniamo che la condizione di sovraffollamento del carcere (in questo momento ad Asti ci sono 271 detenuti su 205 posti), sia un problema che colpisce innanzitutto la qualità della vita dei detenuti. Lo stesso vale per le condizioni insalubri della struttura in cui le persone recluse passano 24 ore al giorno per anni e non solo le 8 ore lavorative come le guardie. Ribadiamo l’assurdità di denunciare le condizioni insalubri per il personale e allo stesso tempo lamentarsi dei numerosi accessi in ospedale dei detenuti. Si tratta evidentemente per le guardie di un semplice intoppo nelle attività quotidiane e non di necessità primarie di esseri umani la cui salute è messa a repentaglio proprio dalle condizioni inumane e degradanti di vita a cui sono costretti. Il comunicato dell’Osapp allude poi al fatto che il potere all’interno delle carceri sia in realtà in ma-no ai detenuti e non alle guardie, e che le “vere vittime” siano le guardie stesse, concetto con cui cercano di sminuire la gravità del pestaggio di Reggio Emilia e dei quotidiani episodi di violenza che avvengono nelle carceri, di cui la maggior parte non arriva mai sui giornali. I sindacati di polizia con l’appoggio dell’informazione mainstream cercano sempre di più di far finire nel dimenticatoio le immagini della mattanza di Santa Maria Capua Vetere, delle morti di Modena, delle torture e pestaggi nelle carceri di Rebibbia, Torino, Cuneo, Ivrea… e la lista delle brutalità all’interno delle carceri perpetrate dalle guardie è lunga. Noi non dimentichiamo. Chi ha il potere assoluto in un carcere? Il sistema carcerario è strutturalmente violento: un regime fatto di secondini e direttori che hanno il totale controllo della violenza, la libertà di decidere sulla salute delle persone rinchiuse scegliendo a propria discrezione se e quando chiamare un medico per una visita o un controllo, di punirle o isolarle arbitrariamente. Di fatto hanno il potere di regolare la vita degli individui attraverso regole incomprensibili che mirano all’infantilizzazione, per esempio con la pratica delle “domandine”, che regolamenta la totalità delle richieste che una persona detenuta può fare anche per le questioni più semplici e basilari che riguardano la vita quotidiana. Ci raccontano che le guardie non sanno se “torneranno vive a casa” dopo il turno di lavoro (se si può chiamare lavoro), ma i dati, le cronache, le storie dei detenutx e dei famigliari ci dicono che ogni due giorni un detenutx si uccide per le condizioni insostenibili in cui sono costrettx a vivere, senza contare le persone che muoiono per mancanza di cure e per un sostanziale abbandono. Abbiamo chiuso il 2023 con 69 suicidi, per lo più per impiccamento e da inizio 2024 siamo già a 20 persone. L’ultimo si è tolto la vita impiccandosi dentro un lager di Stato per le persone senza documenti, chiamato CPR. Queste non sono morti in carcere, sono morti di carcere, omicidi di Stato per cui nessuno è però chiamato ad assumersi alcuna responsabilità. Tornando a ciò che succede a due passi da casa nostra, non smetteremo mai di raccontare i fatti del 2004 di Quarto d’Asti quando due detenuti vennero condotti nelle celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi e a strappargli a mani nude il codino come regalo di natale da parte di una guardia al suo collega. Ai tempi dei fatti il direttore del carcere era Domenico Minervini. Nel Dicembre 2023 ci ricasca di nuovo e torna agli oneri delle cronache per essere stato indagato nel processo sulle torture avvenute nel carcere di Torino nel periodo tra aprile 2017 e ottobre 2019. Accusato di aver ignorato le segnalazioni sulle violenze. Sanzionato con 350 euro di multa. La lista infinita di violenze che la popolazione carceraria subisce non rimane sempre senza risposta perché nonostante le ripercussioni c’è chi continua a ribellarsi e a non abbassare la testa davanti ai soprusi quotidiani che subisce. L’unico mezzo che i detenuti hanno per far sentire la propria voce è la protesta attraverso battiture, scioperi del carrello, ammutinamenti, scioperi della fame e rivolte. Queste pratiche diffuse e frequenti vengono silenziate e screditate dai mezzi di comunicazione che le raccontano come reazioni prive di senso, senza mai dare voce alle motivazioni che le hanno innescate. Il coraggio delle persone recluse che decidono di ribellarsi ci racconta che le prigioni non possono essere riformate o abbellite, ma solo distrutte. Ribadiamo che il carcere è l’istituzione creata dallo Stato per punire e disumanizzare gli esseri umani ritenuti scarto o chi decide di ribellarsi contro il sistema di oppressione e sfruttamento, dove tuttx noi sia costretti a sopravvivere. Il carcere basa le sue fondamenta sul controllo, l’isolamento, l’umiliazione, la privazione e la violenza. Sappiamo bene che la lotta contro le galere è un pezzettino di una lotta rivoluzionaria più ampia che mira alla distruzione del modello sociale attuale per la costruzione di una società senza padroni, che la faccia finita con gli Stati, le sue prigioni, le sue frontiere, con un’elite enormemente ricca che sfrutta la maggioranza delle persone e devasta l’ambiente accrescendo anno dopo anno la disuguaglianza economica. Ma sappiamo altrettanto bene che nessuna lotta sociale per un mondo più equo, basato sulla solidarietà e non sull’oppressione, possa fare a meno di confrontarsi con la questione carceraria. Non esiste prospettiva di cambiamento reale nella società senza includere in questo cambiamento anche chi subisce le forme di oppressione più estreme e violente, e una riflessione sulla gestione collettiva del conflitto e del disagio.

Invitiamo tutti e tutte ad unirsi a noi per vedere e sentire di persona quanto quei muri siano di per sé una violenza disumana, impossibile da riformare. Approfittiamo di questi pensieri per portare solidarietà a tuttx i/le compagnx colpitx dalla repressione che mira a sotterrare sotto anni di galera la propaganda, le pratiche anarchiche e chiunque decida di lottare contro questo esistente. Dal buco nero del 41 bis fino alle galere Ungheresi SOLIDALI E COMPLICI CON CHI È RECLUSX E CON CHI LOTTA !

Scarica pdf -> fuoco alle galere

SALUTO AL CARCERE DI QUARTO D’ASTI

Il 24 Dicembre alle 15 torniamo sotto le mura del carcere di Quarto d’Asti per un saluto solidale a tutti i reclusi. Il tentativo del governo Meloni di fare approvare il nuovo pacchetto sicurezza è la dimostrazione del fatto che la solidarierà e la lotta a fianco di tutte le persone che si ribellano dentro ad una cella di un carcere o di un Cpr, fa paura allo Stato e a chi ci governa.

Nessun pacchetto sicurezza, nessun governo fermerà la solidarietà e chi lotta !

FUOCO ALLE GALERE !

LIBERX TUTTX !

CINEFORUM – ATTICA

GIOVEDÌ 14 CINEFORUM alla Miccia !

Proietteremo il documentario “Attica”.

Cinquant’anni fa, i detenuti del penitenziario dello stato di New York si ribellarono per chiedere trattamenti umani prendendo il controllo del carcere per 5 giorni. La loro lotta fu repressa nel sangue.

Il regista Stanley Nelson esamina la più grande rivolta carceraria esplosa nella storia degli Stati Uniti nel 1971, intervistando detenuti, giornalisti e altri testimoni.

ENTRATA A OFFERTA LIBERA.

PASTA E FAGIOLI – autofinanziamento per impianto audio

VEN 22 DICEMBRE – 19:30 @ L.A. MICCIA ASTI – Via Toti 5, Asti

Cena vegan di autofinanziamento per l’acquisto dell’impianto audio usato per i saluti al carcere, per presidi, manifestazioni ed eventi.

Prenotazione obbligatoria! 346 418 5462

 

Menù:

Insalata di stagione – finocchi & arance

Pasta e fagioli!

Dolce <3

Offerta da 15€ vino escluso