Saluto solidale al carcere di Quarto d’Asti

Dopo un’estate di rivolte, ammutinamenti, evasioni e proteste da parte delle persone recluse contro le condizioni di vita insostenibili, il sovraffollamento, i suicidi e la violenza strutturale delle prigioni continuiamo ad andare sotto le mura delle carceri per rompere l’isolamento tra dentro e fuori. Il governo Meloni con il DDL 1660 colpisce anche chi decide di ribellarsi all’interno delle carceri e dei Centri di espulsione, un tentativo per far tacere le proteste di chi si trova reclusx e di colpire chiunque porti solidarietà e sostegno dall’esterno.

Domenica torniamo sotto il carcere di Quarto d’Asti per far sentire il nostro sostegno e la nostra solidarietà ai reclusi.

ROMPIAMO L’ISOLAMENTO
Contro tutte le galere – Liberx tuttx

Domenica 27 Ottobre – h 15 – Carcere di Quarto d’Asti

PUNTO INFO – CONTRO OGNI GABBIA

Sabato 19 ottobre torniamo al parco della resistenza con il banchetto contro ogni gabbia : Zine,volantini e appiccichini !

Un’occasione per confrontarci sulla repressione delle lotte, il DDL 1660, i tentativi da parte di chi ci governa di reprimere ogni spiraglio di lotta e solidarietà.

Nella giornata di ieri due compagnx del nostro collettivo sono statx raggiuntx da due avvisi orali da parte della questura di Asti. Nel clima di guerra in cui stiamo vivendo, non ci stupisce l’azione degli sbirri di provare ad isolare e spaventare chi prova ad organizzarsi e lottare anche in una città di provincia come la nostra.

Ancora una volta mandiamo un forte abbraccio solidale ai compagni e compagne raggiuntx dai fogli di via da Asti per essere scesi in strada con noi durante il festival delle sagre, in solidarietà ai lavoratori delle campagne e contro la riapertura del Cpr a Torino a novembre.

continueremo a scendere in strada contro lo stato e chi protegge questa società fondata su prigioni, confini, guerre e sfruttamento.

Ci vediamo il 19 ottobre dalle ore 9:00 ai giardinetti !

La repressione non fermerà la lotta

Nella giornata del 26 settembre la Digos di Torino ha notificato ad un compagno un foglio di via per due anni dal comune di Asti emesso dalla Questura astigiana
Il motivo descritto nel divieto è quello di aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata e ad un blocco stradale.
I fatti si riferiscono al 7 settembre, quando ad Asti un gruppo di compagnx è sceso in strada nelle zone antistanti la stazione e Corso Matteotti interrompendo, per qualche momento, la quotidianità di chi si riversava in piazza del Palio per l’inizio delle Sagre (manifestazione storica della città di Asti che mette al centro i piatti tipici e il vino del territorio e che attira centinaia di turisti ogni anno). 
Abbiamo cercato di far luce sulla macchina sfruttatrice e razzista che stato, padroni e organizzazioni datoriali, come Confagricoltura e Coldiretti, alimentano per mandare avanti un pezzo della malconcia economia italiana. La nostra solidarietà era diretta ai braccianti sfruttati e picchiati nelle Langhe, nel Saluzzese, a chi è costretto a lavorare per pochi euro al giorno, senza un posto dignitoso dove poter dormire, sotto il costante controllo della polizia. Quella stessa solidarietà voleva rompere la morsa della routine mortifera che isola e rende sorde soprattutto le città di provincia come la nostra di fronte allo sfruttamento lavorativo e alla sue connessioni con il ricatto del permesso di soggiorno, la clandestinizzazione delle persone migranti e i Centri di detenzione amministrativa (CPR). Dopo gli episodi di aggressione ad alcuni braccianti dell’albese da parte dei loro caporali e in vista della riapertura del Centro per i Rimpatri di Torino ci è sembrato urgente, da un lato portare in strada la realtà dello sfruttamento e della violenza razzista che si cela dietro il mercato del vino e della frutta, dall’altro portare la nostra solidarietà in una zona della città colpita da retate, operazioni di polizia, controlli e deportazioni, richieste a gran voce da tutto l’arco politico istituzionale della città, e probabilmente diminuite nell’ultimo anno anche grazie alla chiusura del CPR di Torino a seguito delle rivolte dei reclusi del marzo 2023. Una lotta, quella dei reclusi del CPR, che ha garantito un briciolo di libertà in più alle persone che si muovono sul territorio piemontese, ma che per effetto della ristrutturazione e riapertura rischia di essere resa vana.
Scendere in strada, autorganizzarci ed esprimere solidarietà agli oppressi e contrarietà contro ogni forma di oppressione ci sembra il minimo di fronte alla violenza dello Stato, delle sue frontiere e delle sue prigioni, non solo nelle grandi città, ma ovunque. La presenza in strada quel 7 settembre ha generato piccoli gesti di solidarietà da parte di alcune persone che ascoltavano le nostre parole ed è stata capace di rompere, per qualche momento, la sensazione che ogni possibilità di movimento sia controllata da polizia e telecamere. 
In un presente/futuro dove ogni pratica di lotta o parola di dissenso sarà punita e criminalizzata, l’unica strada che abbiamo è continuare a lottare
Un abbraccio solidale al compagno di Torino raggiunto dal foglio di via da Asti. 
LA REPRESSIONE NON FERMERÀ LA LOTTA 
IN SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA ED È SFRUTTATO NELLE CAMPAGNE, A CHI SFUGGE ALLA VIOLENZA DELLE FRONTIERE CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI A TORINO

PER UNA CHIAMATA DI DISCUSSIONE E MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO.

TORINO / 1,2 e 3 Novembre 2024

Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste, scioperi, rivolte ed evasioni – sopratutto dentro le galere di in ogni parte del paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari passo, affilando la sua lama, puntandola spietatamente contro poverx, migranti e ribelli nonché chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e resistere. Gli strumenti legislativi a disposizione delle procure si stanno, infatti, rimpolpando di disegni e decreti legge criminogeni che mirano ad ampliare il ventaglio dei reati, intensificarne le pene e abbassare la soglia di punibilità.

Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà in cui ci vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto dettagliata e puntuale, va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi anni sono state portate avanti le proteste e le lotte più incisive che hanno attraversato il paese, dai luoghi di detenzione (carcere e CPR) alle mobilitazioni contro il disastro climatico.

D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine temporale, e tra i più noti, che da decenni accadono nelle campagne italiane – di Satnam Singh a ricordarci che la linea del colore e l’oppressione di classe segnano indelebilmente il destino all’interno delle dinamiche di sfruttamento della forza lavoro. O l’assassinio di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio a ribadire, ancora una volta, come le galere amministrative assolvano quotidianamente a uno dei loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx senza documenti europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino lottare, autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del dominio.

Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare gli animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di detenzione – sia penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per mano di ogni età. Fuori da quelle mura, solidali e complici han cercato le proprie strade per mostrare supporto, tessere legami, far circolare le notizie, rendersi tasselli di comunicazione, affiancando chi ha deciso di parlare per sé attraverso rivolte e proteste.

Sappiamo che il capitalismo differenziale – tanto più se in crisi economica e in un panorama bellico – ha sempre più bisogno di allargare le maglie quantitative del contenimento, irregimentare i metodi di tortura con il fine – neanche tanto sottinteso – di terrorizzare su larga scala e contenere coloro che si ribellano. Guerra, violenza, repressione, sorveglianza e incarcerazione, costituiscono gli strumenti necropolitici per antonomasia che si ripercuotono materialmente sui corpi provocando morte e sofferenza. Spezzano i legami ma, allo stesso tempo, producono nuove relazioni sociali, nuove grammatiche del potere, iscrivendole all’interno di un’economia politica imperniata sulla gerarchizzazione dell’umano.

La necropolitica, provando a interpretare i presenti sconvolgimenti globali, non è tuttavia semplicemente un processo bensì un vero e proprio paradigma. Il conflitto bellico tra l’Ucraina e la Federazione Russa e il genocidio in atto da parte dello stato sionista nei confronti della popolazione palestinese, sono – all’interno di questo quadro – potenti esempi di come agisce tale macchina.

Alle nostre latitudini i venti di guerra soffiano in molteplici direzioni; ne sono un esempio, da un lato, gli investimenti massicci nel settore bellico da parte del governo Meloni, dall’altro la stesura di decreti sicurezza, creati ad hoc, in cui vengono categorizzati sempre più nuovi nemici interni, evocando incessantemente una supposta minaccia incombente sulla stabilità del sistema economico e sociale.

Non limitandoci a osservare il fenomeno della guerra, come mera espressione dei/delle governanti di turno o di contingenti necessità geopolitiche, ci preme piuttosto leggere il presente bellico come parte integrante del capitalismo, e nella fattispecie di quello neoliberale, grimaldello della paura e della retorica massmediatica: base discorsiva per l’assestarsi o l’accelerare di alcune modificazioni del presente. Fondamentale, in merito ai discorsi oggetto di questa chiamata, l’intensificarsi di una retorica potente sul nemico interno delineato, non solo in chi lotta o dissente, ma soprattutto in colui che si trova ai margini del privilegio di classe e razza. A tal proposito, il razzismo sistemico e sistematico, l’islamofobia, la clandestinizzazione forzata delle persone in viaggio senza documenti europei, la brutalità delle frontiere e le morti in galere e CPR, sono parte del complesso set di strumenti torturatori che il potere si dà per tenere sotto scacco una vasta quantità di popolazione. Ne consegue un’architettura lineare che oggi sfrutta sul lavoro, domani capitalizza nei centri di detenzione e – magari – in un futuro guerreggiato neanche troppo lontano, ricatta per comporre le fila di una possibile legione straniera.

Delineare la geografia del razzismo sistemico e sistematico diventa lo strumento analitico fondamentale per trovarsi, tra complici e solidali, riconoscersi e identificare i punti di attacco. A seguito dell’importante chiamata promossa dalla Rete Campagne in Lotta (https://campagneinlotta.org/violenze-e-morte-alle-frontiere-razzismo-quotidiano-segregazione-rispondiamo-a-tutto-questo/) ad Aprile a Roma, proponiamo un seguito di quel momento di confronto a Torino, per l’1/2/3 Novembre 2024.

Occasione preziosa per lanciare anche un’iniziativa pubblica contro la riapertura del CPR di Torino, chiuso per la prima volta nel Marzo 2023 grazie a tre settimane di coraggiose rivolte, che han permesso al fuoco di distruggere, totalmente, una galera per persone senza documenti europei attiva da 25 anni.

Un anno e mezzo fa, all’incirca, il CPR di Corso Brunelleschi veniva distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della macchina delle espulsioni nostrane. Da quelle calde giornate invernali di fuoco, numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri contro la polizia, che hanno caratterizzato la quotidianità all’interno dei lager di Stato italiani. La violenza agita dalla detenzione amministrativa va inserita in un quadro ampio e complesso che conduce a uno sguardo sulla macchina delle espulsioni e ai CPR, come la punta visibile di un iceberg, in cui si annodano più strati e substrati di violenza e razzismo sistemico.

Se, infatti, il razzismo è un concetto solido – tangibile nella sua produzione di conseguenze materiali – urge produrre un discorso intellegibile che, con puntualità, renda esplicita la geografia dell’oppressione, lungo la linea del colore e della classe.

Estrapolare la lotta contro i CPR, da un discorso unicamente antidetentivo, ci consente di rendere esplicito il ruolo che queste prigioni hanno nel fungere anche, e non solo, da monito ai liberi e rafforzare così il ricatto del permesso di soggiorno. Lottare contro le galere amministrative, assume così, un significato nel porsi a fianco dei migranti, lavoratori e non, che chiedono documenti, casa e tutele per tuttx. In questo panorama, attaccare la forma tangibile di una frontiera vuol dire porsi al fianco di chi è rimbalzato, tramite dispositivi e leggi europee, tra l’essere l’oggetto di scambio tra Stati, merce di profitto per privati, strumento di pressione mediatica per fini nazionalistici e/o manodopera a basso costo.

Sentiamo sempre più urgente, prioritario e impellente incontrarci e organizzarci per analizzare il reale mortifero in cui viviamo, trovarci tra complici e tessere le reti di alleanze possibili con il fine di trovare i punti di attacco all’impianto razzista che scandisce la quotidianità nel capitalismo di oggi.

Il coraggio dirompente del reclusi del CPR di Torino nel Febbraio 2023 non può rimanere silente, dimenticato e rifagocitato dalla macchina razzista.

A tal proposito invitiamo compagnx, complici, solidali a venire a Torino nei primi giorni di Novembre per tre giorni di discussione e mobilitazione nazionale.

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PROGRAMMA GIORNATE

VENERDI 1 NOVEMBRE

ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI

SABATO 2 NOVEMBRE

DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, via Millio Torino

DOMENICA 3 NOVEMBRE

DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)

Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte @ autistici.org

 

In solidarietà a chi lotta nelle campagne, chi distrugge i CPR e chi sfugge alla violenza delle frontiere

Il CPR ( centro di permanenza per il rimpatrio) è una prigione per le persone che non hanno il documento “giusto” o che hanno ricevuto un provvedimento di espulsione dal territorio italiano.

Le storie di violenza e situazioni terribili all’interno dei Cpr sono tantissime, mancanza di assistenza sanitaria, isolamento, botte e umiliazioni di ogni tipo sono la normalità all’interno di questi luoghi.
Da più di vent’anni questi Lager sono attivi nel nostro paese, accettati e sostenuti da tutti i governi di destra e di sinistra che si sono alternati negli anni. In questi vent’anni però sono innumerevoli e continue le proteste delle persone che finiscono chiuse in questi luoghi.
Proteste individuali, rivolte collettive, fughe, resistenze alle espulsioni, danneggiamenti e incendi hanno portato, più volte, alla chiusura parziale o totale di queste prigioni.
Poco più di un anno fa il CPR di Torino è stato chiuso grazie al coraggio dei ribelli che hanno deciso di distruggere la gabbia in cui si trovavano rinchiusi, dando fuoco all’edificio, rendendolo inagibile. Grazie a quella lotta, nessuna persona è stata rinchiusa e deportata dal cpr di corso Brunelleschi a Torino per più di un anno.
Oggi sappiamo che il cpr di Torino è in ristrutturazione e la riapertura è fissata per il 1 novembre 2024. Per quanto riguarda il Piemonte quel periodo coincide con la fine della stagione della raccolta nelle campagne, dove
centinaia di persone sfruttate lavorano con salari da fame e in condizioni terribili, per arricchire le tasche dei vari imprenditori di vino e frutta. Quando finisce il lavoro nelle campagne inizia quello della polizia e delle varie questure che si attivano per “ripulire” alcune zone della città a
caccia delle persone senza documento, distribuendo fogli di via, provvedimenti di espulsione e fermi.
La detenzione amministrativa e i Cpr sono strumenti di controllo e repressione delle persone sul territorio senza documenti e una minaccia per tutti gli sfruttati e le sfruttate che diventano così ricattabili.
Opporsi e lottare contro la riapertura del CPR di Torino e la macchina delle espulsioni che alimenta, è giusto e necessario, perchè non ci sarà mai libertà per tutti e tutte finché un pezzo di carta con il timbro di un ministero avrà il potere di decidere sulla vita delle persone.

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La Miccia chiude ma non si spegne

Dopo 5 anni di attività e sperimentazione all’interno dello spazio in Via Toti 5 Asti, abbiamo deciso di lasciare questo luogo. Continueremo a portare le lotte per le strade della città.

Per sapere dove e quando ci becchiamo contattateci sui soliti canali.

– Collettivo La Miccia.

SALUTO AL CARCERE DI QUARTO D’ASTI

Il 24 Dicembre alle 15 torniamo sotto le mura del carcere di Quarto d’Asti per un saluto solidale a tutti i reclusi. Il tentativo del governo Meloni di fare approvare il nuovo pacchetto sicurezza è la dimostrazione del fatto che la solidarierà e la lotta a fianco di tutte le persone che si ribellano dentro ad una cella di un carcere o di un Cpr, fa paura allo Stato e a chi ci governa.

Nessun pacchetto sicurezza, nessun governo fermerà la solidarietà e chi lotta !

FUOCO ALLE GALERE !

LIBERX TUTTX !

CINEFORUM – ATTICA

GIOVEDÌ 14 CINEFORUM alla Miccia !

Proietteremo il documentario “Attica”.

Cinquant’anni fa, i detenuti del penitenziario dello stato di New York si ribellarono per chiedere trattamenti umani prendendo il controllo del carcere per 5 giorni. La loro lotta fu repressa nel sangue.

Il regista Stanley Nelson esamina la più grande rivolta carceraria esplosa nella storia degli Stati Uniti nel 1971, intervistando detenuti, giornalisti e altri testimoni.

ENTRATA A OFFERTA LIBERA.

PASTA E FAGIOLI – autofinanziamento per impianto audio

VEN 22 DICEMBRE – 19:30 @ L.A. MICCIA ASTI – Via Toti 5, Asti

Cena vegan di autofinanziamento per l’acquisto dell’impianto audio usato per i saluti al carcere, per presidi, manifestazioni ed eventi.

Prenotazione obbligatoria! 346 418 5462

 

Menù:

Insalata di stagione – finocchi & arance

Pasta e fagioli!

Dolce <3

Offerta da 15€ vino escluso

ANTISPECISMO E POP CORN – PROIEZIONE BENEFIT RIFUGI

7 dicembre 2023 alle 20:30 – via Toti 5 La miccia Asti

Terza proiezione per la nostra rassegna sul tema antispecista. Giovedì 7 dicembre proietteremo Blackfish, documentario del 2013 di Gabriela Cowperthwaite.
Il documentario racconta la drammatica storia dell’orca Tilikum del parco acquatico SeaWorld di Orlando in Florida.
Tilikum è stato rapito quando aveva solo due anni, strappato alla sua famiglia, ai suoi mari e alla sua libertà. Nella sua storia da schiavo si è sempre ribellato arrivando ad uccidere tre animali umani, due dei quali suoi aguzzini.
Vogliamo raccontare la sua storia, vogliamo che non venga dimenticato e che sia portavoce di tuttə colorə che ancora oggi vivono in stato di schiavitù. Ogni schiavə lotta per la propria liberazione, a costo della propria vita.
Vogliamo una società che non costringa nessunə ad esibirsi, che nessunə venga detenuto contro la propria volontà, che ognunə possa essere liberə di vivere il proprio esistere e stare al mondo!
Lotteremo sempre contro ogni gabbia e per la libertà di tuttə lə individuə!

Il ricavato dell’evento sarà devoluto ai rifugi per animali liberi, dove trovano un posto sicuro centinaia di animali non umani che si sono liberati da uno stato di schiavitù!