UN MONDO DIVERSO

Nel settembre del 2019 15 esperti del Global Preparedness Monitoring Board (GPMB), nominati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stilarono un documento intitolato “Un mondo a rischio” (https://apps.who.int/gpmb/assets/annual_report/GPMB_annualreport_2019.pdf ). In apertura di tale report si legge: “se è vero che «il passato è un prologo» per il futuro, allora esiste una reale minaccia di pandemia in rapido movimento e altamente letale da un patogeno respiratorio che ucciderà tra i 50 e gli 80 milioni di persone e cancellerà circa il 5% dell’economia mondiale. Una pandemia globale su tale scala sarebbe catastrofica, creando un caos diffuso. Il mondo non è preparato”.

La pandemia esplosa in queste settimane era già stata largamente annunciata ed era chiaro come le strutture esistenti non sarebbero state in grado di sopportarne il peso. Che cosa hanno fatto, a fronte di questo, i governi? Assolutamente nulla.

Che cosa stanno facendo ora? Con un grave ritardo e senza alcun serio coordinamento a livello quanto meno europeo, si sono prese iniziative le cui conseguenze (tanto a livello sanitario che a livello sociale) saranno da valutare nel medio e lungo periodo.

Il consiglio dei ministri italiano ha messo in atto ordinanze amministrative e decreti legge pesantemente restrittivi per la libertà dei singoli, senza alcun passaggio alle camere, senza alcun dibattito parlamentare, in nome della necessità di operare con urgenza.

Questi fatti ci rendono palesi almeno due dati fondamentali. In primo luogo l’inefficienza dei governi, i quali lungi dal tutelare in modo lungimirante i propri cittadini, hanno criminalmente fatto prevalere logiche del tutto estranee a quelle del benessere delle popolazioni. Questi organismi, quasi universalmente riconosciuti come necessari per la soddisfazione anche dei bisogni sanitari, hanno qui mostrato tutta la loro incapacità di tenere conto delle necessità reali e della salute delle persone.

In secondo luogo, le decisioni prese a livello istituzionale, ci mostrano ancora una volta come negli stati democratici (così come in ogni altra istituzione governativa) la sovranità non stia nelle mani del popolo che vota, bensì in quelle di chi è in grado di decidere sullo stato di eccezione. Sovrano non è necessariamente chi è stato eletto ma chi – in un dato momento – può stabilire quale sia una situazione di necessità e che cosa si debba fare in tale frangente. Sovrano è oggi chi può, in nome della sicurezza (dalle malattie, dal terrorismo…) sospendere la legge e i diritti civili, controllando e mobilitando le forze armate. Tali sospensioni della legge, oggi accettate in nome della salute pubblica, rischiano in futuro di divenire pericolosi precedenti per la privazione dei più elementari diritti individuali. Non si tratta qui di oscuri complottismi ma della comprensione dello scollamento esistente tra finalità dichiarate e conseguenze ottenute. Di come cioè un dispositivo messo in atto per un obbiettivo chiaramente identificabile (il contenimento del contagio), possa realizzare una serie di pratiche di controllo e di restrizione della libertà individuale. Tali pratiche coercitive diventano un bagaglio a cui attingere, un’attrezzatura spendibile in altri contesti che potranno di volta in volta essere definiti come emergenziali.

Di fronte a tutto questo si rende, ora più che mai, urgente la progettazione di una società che faccia a meno delle istituzioni statali, a conti fatti inutili nella difesa della nostra salute e pericolose rispetto all’esercizio delle nostre libertà. Tale progettazione utopica deve fungere da orizzonte di riferimento per una lotta concreta e quotidiana, che non si accontenti di piccole conquiste ma che realizzi una partecipazione diretta, collettiva e orizzontale alle decisioni che ci riguardano. Che sappia mettere in atto forme di organizzazione sociale non autoritarie e non infantilizzanti, dove sia stimolata la volontà di autonomia e di ragionamento individuali. Forme di autogestione, decentralizzate e federate, dove ognuno sia trattato da persona responsabile e artefice della propria esistenza, senza il bisogno di invocare le “soluzioni finali” di salvatori o di messia presunti onnipotenti.

Un mondo diverso, oggi più che mai, non è solo possibile ma necessario.