CHIAMATA INTERGALATTICA @ ASTI

Sabato 16 luglio vieni al Pride unisciti alla Spezzona riprendiamoci le strade!

Il 16 luglio ci sarà il secondo Pride della storia della città di Asti. Al primo Pride abbiamo partecipato in modo critico e indecoroso, sfilando per le strade cittadine con la nostra Vulvatrix in testa e con lo striscione di apertura “fuori preti e governi dalle nostre mutande!”. 
Quest’anno torneremo in strada (più mostruosx ed indecorosx che mai), portando con noi tutta la forza dell’intersezionalità e delle lotte che ci hanno unito in questi anni: lotteremo contro la monociseteronormatività e contro ogni galera e frontiera” che intrappoli le nostre vite. Per l’abbattimento dei Cpr e contro l’omolesbobitransfobia. Per l’abolizione del controllo e dello sfruttamento dei corpi non conformi, non produttivi e non riproduttivi. Contro lo specismo e l’annientamento del vivente operato dall’economia capitalista. Per combattere la cultura dello stupro e il machismo presenti in ogni ambito della società. Contro l’abilismo, la grassofobia e la psichiatrizzazione dei nostri percorsi di autoderminazione. 
Non vogliamo essere legittimatx né protettx, rifiutiamo il vostro paternalistico ordine e la vostra soffocante sicurezza fatta di sbirri e telecamere. Le strade sicure le fanno le frocie che le attraversano con orgoglio e sorellanza e non le divise o  le adunate di alpini che prendono d’assedio le città in un tripudio di violenze a sfondo sessuale, machismo e vomitevole retorica patriottica.  
Non “invaderemo la città pacificamente”. Scenderemo in strada con rabbia, perché vogliamo vendetta per Cloe e per tutte le sorellx uccise, stuprate, molestate e vessate dalla violenza ciseteropatriarcale, sui posti di lavoro, nelle scuole, nelle strade e nelle famiglie.
Rivendichiamo l’autonomia sui nostri corpi e sulle scelte che ci riguardano, a partire dalla transizione di genere fino all’aborto, pratica che è sempre più difficile ottenere in sicurezza e gratuitamente. Negli USA a fine giugno la corte suprema ha invalidato la sentenza Roe vs Wade e, come conseguenza, 14 stati entro poche settimane aboliranno ogni possibilità di abortire e decine di milioni di persone rimarranno senza possibilità di interrompere un’eventuale gravidanza in modo sicuro. In Europa Polonia, Ungheria, Malta, Monaco, Lichtenstein, Slovacchia e Turchia pongono restrizioni severe all’aborto, in Italia l’obiezione di coscienza lo rende di fatto difficile da ottenere e spesso le persone che ne fanno richiesta sono bersaglio di violenza da parte dei gruppi pro-life.
Questo non è che l’ennesimo attacco patriarcale alla nostra autonomia e autodeterminazione, reso possibile dal patriarcato di stato e dalla tanto osannata democrazia. Fintanto che le nostre libertà saranno alla mercé di politicanti, giudici e polizia ci sarà sempre qualcuno pronto a portarcele via.
Il 16 luglio scenderemo in strada, non per mostrarci decorosx e rassicurantx, ma per scuotere la vostra presunta normalità oppressiva e violenta. Vogliamo riappropriarci della rabbia e rivendicarci la carnevalata, il cattivo gusto e la provocazione. Vogliamo dare espressione a tutte le soggettività invisibilizzate e cancellate dalla normatività dominante, dare voce: alla bisessualità, all’asessualità, al transito tra i generi, all’aromanticismo, alle non monogamie etiche… Perché non vogliamo lasciare nessuno indietro, perché vogliamo essere liberx di autodeterminarci oltre ogni genere e confine. Scenderemo in strada per creare spazi in cui ognunx possa esprimersi fuori dal modello eterocispatriarcale. Vogliamo vivere la nostra esistenza fuori da ogni binarismo, genere e confine preimpostato. Le nostre vite le costruiamo noi, saremo favolosamente mostrx, frocix e dissidentx.
 
no sbirri arcobaleno 
no politicanti
no rainbow washing 
lgbtqiacab <3 

Violenza contro le donne: media e istituzioni figli sani del patriarcato

Oggi è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Giornali, televisioni e social si riempiono di slogan contro la violenza sulle donne, descritta attraverso la solita narrazione di singoli e inspiegabili raptus di follia, gesti disperati ed estremi di amore e gelosia. Amare troppo qualcuno. Amarlo fino a fargli del male, fino ad ucciderlo ma in fondo amarlo. Giustificazioni che offrono attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. 
Ma le 6 milioni e 788 mila donne che hanno subito almeno una volta violenza (fisica o sessuale) nella propria vita non sono vittime incidentali di una violenza estemporaneaQuesti dati rendono evidente che la violenza sulle donne è strutturale all’interno di questa società patriarcale in cui il dominio dell’uomo sulla donna è la regola e non l’eccezione. 
Questi numeri e le moltissime testimonianze della violenza contro le donne descrivono un vero bollettino di guerra, una guerra contro le donne che consapevolmente o meno decidono di uscire dalla logica patriarcale, che osano mettere fine ad una relazione o vivere liberamente la propria indipendenza e sessualità.
L’oppressione patriarcale non è esercitata solo dai partner, dalle famiglie da singoli individui, ma è agita anche dalle istituzioni.
In quest’anno anomalo in cui moltissime donne sono costrette in casa per lunghi periodi con i propri aguzzini, una delle situazioni in cui si riscontrano più difficoltà è l’accesso libero, sicuro ed anonimo all’interruzione di gravidanza. Pensiamo ad esempio a chi deve, per la propria sicurezza, tenere nascosta tale decisione alla famiglia e alle difficoltà di trovare spazio in strutture ospedaliere per un ricovero. Eppure ci sono esponenti delle istituzioni che trovano ancora il tempo e le energie per dedicarsi ad ostacolare la libertà di scelta e l’accesso all’IVG.
Basti pensare alla circolare emanata il 2 ottobre dalla Regione Piemonte, in cui viene fatto esplicito divieto di somministrare la pillola abortiva RU 486 nei consultori, in opposizione a quanto stabilito in agosto dal ministero della sanità. In questo modo in Piemonte l’aborto farmacologico potrà essere effettuato soltanto nelle strutture ospedaliere e con ricovero fino a tre giorni, decisione che viene giustificata con la tutela della salute delle donne, usando la stessa legge 194 del 1978 come grimaldello per limitare l’accesso all’interruzione di gravidanza.
Non solo. Nella stessa circolare viene permesso alle associazioni antiabortiste cattofasciste pro-vita di fare propaganda negli ospedali istituendo sportelli, con il preciso scopo di convincere le donne a portare a termine la gravidanza.
L’ennesimo attacco alla libertà femminile da parte di chi vorrebbe riproporre una visione essenzialista dei generi, che individua nella maternità un destino da cui le donne non dovrebbero sottrarsi, tornando docili nella gabbia familiare. L’ennesimo tentativo di cancellare i percorsi di liberazione femminile ponendo le donne sotto tutela, soggetti deboli, incapaci di decidere, bisognosi di un sostegno.
Di fronte a tutto questo è necessario riprendere percorsi di lotta, di solidarietà e di azione diretta fra tutti coloro che rifiutano il modello patriarcale. Non abbiamo bisogno di creare nuove leggi che un giorno qualche signore al potere possa rigirare al proprio scopo, come in questo caso: abbiamo urgenza invece di porre le condizioni affinchè nessuno metta mai più a repentaglio la libertà di scelta e la vita delle donne, perché nessuno possa ricattarci, umiliarci, piegarci. Le nostre vite ci appartengono e sta a noi difenderle. Non solo un giorno all’anno con qualche slogan, ma con i nostri corpi, denunciando le sistematiche narrazioni tossiche fatte da giornali e tv, cacciando i cattofascisti dagli ospedali, riprendendoci con la nostra presenza le strade e i consultori, spezzando le gabbie familiari fatte di omertà e di oppressione, dando voce a chi non ne ha, a chi si sente imprigionatx in relazioni soffocanti e senza via d’uscita. Distruggere il patriarcato non è solo necessario, è possibile.
Se queste riflessioni ti interessano, qui ad Asti c’è uno spazio autogestito dove poterne parlare e discutere liberamente. Creiamo reti solidali, autoorganizziamoci!  

ABORTIRE IN UNO STATO DI EMERGENZA

In questi giorni di quarantena e penitenza, le donne hanno più che mai difficoltà a veder riconosciuto il diritto di autodeterminazione sul proprio corpo, sulla propria autonomia e salute. Per fortuna grazie al lavoro instancabile di associazioni e collettivi femministi, sono usciti in questi giorni molti articoli dettagliati ma crediamo che continuare a parlarne sia importante in modo che la diffusione di queste informazioni arrivi a tutt*.
Cosa significa decidere di interrompere volontariamente una gravidanza ora, in piena emergenza sanitaria, in Italia? Anche in tempi normali è complicato, visto l’enorme numero di obiettori di coscienza pari a poco meno del 70% tra i ginecologi, con picchi tra l’80 e il 95% in Molise,Sicilia, Basilicata. (1)
In piena emergenza, mentre il ministro della salute dichiara che l’interruzione volontaria di gravidanza è una prestazione indifferibile senza però specificare come andrebbe gestita ora, il mondo sanitario reagisce in modo caotico e quasi mai per tutelare la nostra salute e libertà riproduttiva. Molte strutture hanno limitato l’accesso all’IVG, alcune hanno direttamente interrotto il servizio o lo hanno trasferito senza darne comunicazione, i centralini dei reparti e dei consultori restano spesso muti o non danno informazioni precise su come comportarsi, e una donna che si trovi con la necessità di abortire è più che mai sola.
Molti centri inoltre hanno sospeso gli aborti farmacologici rimpiazzandoli con l’intervento classico, che è a tutti gli effetti un intervento chirurgico e richiede anestesia totale e tre giorni di ricovero. Cosa davvero inspiegabile in un momento in cui c’è carenza di posti letto e chi permane negli ospedali espone sé stessa e i propri cari alla possibilità di contagio. In molti altri stati invece la tendenza è opposta, e si procede senza indugi alla soluzione farmacologica in tutti i casi possibili, anche con il ricorso alla tele-medicina e riservando l’ospedalizzazione solo ai rarissimi casi in cui si manifestano controindicazioni. (2)
Cosa fare dunque se ci si trova a dover abortire ora? Auto organizzarci, come sempre. Segnaliamo due risorse importanti che si occupano di mappare obiettori di coscienza e farmacie che rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo (e talvolta anche la pillola anticoncezionale), e che in questi giorni hanno contribuito in modo fondamentale al dibattito nazionale sul diritto all’aborto: Obiezione respinta (https://obiezionerespinta.info/ e https://www.facebook.com/obiezionerespinta/ ) e IVG ho abortito e sto benissimo (https://www.facebook.com/IVG-ho-abortito-e-sto-benissimo-701164346922929/). Obiezione respinta ha inoltre creato una rete di solidarietà femminile, un canale telegram su cui segnalare gli ospedali, ambulatori e cliniche che garantiscono il servizio o che lo negano (qui il link https://t.me/aborto_emergenzaCOVID19).
L’iter consigliato è dunque contattare tempestivamente il medico di famiglia (o il ginecologo di fiducia – speriamo non obiettore – o un consultorio aperto), farsi prescrivere l’intervento con urgenza e poi attaccarsi al telefono. Le preziose informazioni raccolte da Obiezione respinta sul canale telegram possono aiutarci a risparmiare tempo prezioso, e possiamo contribuire alle segnalazioni per ampliare la mappa. Ricordiamo anche che i centri per IVG non possono rifiutare l’intervento a pazienti non residenti, e che tutte le farmacie devono vendere liberamente la pillola del giorno dopo, utile per prevenire la gravidanza fino a 72 ore dopo un rapporto non protetto.
Per non farci mancare nulla in Italia, oltre alle solite lungaggini burocratiche, ci sono sempre di mezzo i cattolici, i bigotti e soprattutto chi è in perenne ricerca dei loro voti. Non si sono fatti attendere gli attacchi della destra nei confronti di queste iniziative di auto-organizzazione femminile, mentre il gruppo ProVita e Famiglia ha cavalcato l’onda per lanciare una petizione online, chiedendo di bloccare tutti i servizi IVG a livello nazionale dichiarando: “Durante la pandemia, l’aborto non è un servizio essenziale”.(3)
Sempre dalla parte delle donne, per l’autodeterminazione e la libertà. Sul nostro corpo decidiamo noi, né dio né stato né famiglia!
fonti: