⁺*・༓☾ Chiacchierata Transfemminista ☽༓・*⁺

DOMENICA 19 LUGLIO H 18.00 @ Area verde Sebastiano Scirè Risichella – Asti

Vol. V – TRANSFEMMINISMO INTERSEZIONALE: RIFLESSIONI SULL’ALLEANZA TRA ISTANZE FEMMINISTE E LGBTQIA+

Il mese del pride è appena passato, e quest’anno il Pride istituzionale si è svolto online.

Lo svolgimento online della manifestazione garantisce che solo chi è già interessatx vi partecipi. Rivendicare uno spazio pubblico invece, in modo indecoroso, gioioso, e sì, sfacciatamente carnevalesco, è oggi più che mai fondamentale – in questa come in altre lotte.

La presa di posizione dell’amministrazione nel voler dividere il progetto di riqualificazione del sottopasso tra Asti Pride e i fascisti è un esempio più che mai palese del modus operandi istituzionale, dal quale possiamo trarre una semplice constatazione: libertà e autodeterminazione non ci verranno regalate, vanno conquistate e presidiate, giorno dopo giorno.

Sentiamo parlare di razzismo al contrario, di eterofobia, di sessismo inverso e nazifemminismo, di fascismo degli antifascisti: tutti segnali di una reazione al cambiamento che le lotte antirazziste, femministe e LGBTQIA+ portano nella società, segnali che ci dicono che chi detiene certi privilegi non vuole rinunciarvi. Questo è soprattutto il momento di stringere alleanze, di ascoltare le voci che ci arrivano da chi lotta accanto a noi ed essere megafono di quelle voci, di prendere parola e occupare lo spazio pubblico.

Ci piacerebbe davvero molto chiacchierare di tutto questo, di come queste cose impattano sulle nostre vite, di come queste istanze ci siano passate accanto invisibili. Siamo dell’idea che nessunx nasce imparatx, pertanto sarà anche un’occasione di confronto e di formazione: non esistono domande stupide!

Rispetto alle altre chiacchierate, questa volta vorremmo partire da regole condivise da tuttx sullo spazio di parola, per cercare di autogestirci nel modo più inclusivo possibile. Queste sono le nostre proposte, se ne avete altre comunicatecele 🙂

Ne discuteremo brevemente prima di iniziare per assicurarci che siano condivise e rispettose di tuttx le persone che parteciperanno:

♡ Nel rispetto di tutte le individualità, non diamo per scontato il genere e il pronome da assegnare allx nostrx interlocutorx.
♡ Cerchiamo di gestire i tempi nel rispetto di tuttx soprattutto se siamo in tantx.
♡ Cerchiamo di non interrompere e non parlarci addosso.
♡ Tuttx devono poter parlare se lo desiderano, ci sarà quindi una moderatrice che darà parola a chi la chiede.
♡ Ricordiamo che questa è una chiacchierata inclusiva.
♡ Toccheremo certamente argomenti che ci accendono, ma cerchiamo di non dirigere rabbia e indignazione verso lx altrx partecipanti alla chiacchierata.

La chiacchierata sarà all’aperto e manterremo le distanze necessarie a garantire a tuttx la partecipazione in modo sicuro. Porteremo qualche sedia, ma se puoi portati uno sgabello, o una coperta da mettere a terra.

Aperto a tuttu gli esseri umani di ogni genere, orientamento, età, forma e colore. Venite numeros* a portare le vostre esperienze e curiosità, domande e risposte, libri da consigliare, letture, canzoni, anche solo ad ascoltare e passare un pomeriggio piacevole e un po’ diverso!

♡♡♡ Ricordiamo che L.A. Miccia è uno spazio libero e antisessista: fasci, machi, bulli, omofobi, transfobici e razzisti non sono benvenut*. ♡♡♡

ABORTIRE IN UNO STATO DI EMERGENZA

In questi giorni di quarantena e penitenza, le donne hanno più che mai difficoltà a veder riconosciuto il diritto di autodeterminazione sul proprio corpo, sulla propria autonomia e salute. Per fortuna grazie al lavoro instancabile di associazioni e collettivi femministi, sono usciti in questi giorni molti articoli dettagliati ma crediamo che continuare a parlarne sia importante in modo che la diffusione di queste informazioni arrivi a tutt*.
Cosa significa decidere di interrompere volontariamente una gravidanza ora, in piena emergenza sanitaria, in Italia? Anche in tempi normali è complicato, visto l’enorme numero di obiettori di coscienza pari a poco meno del 70% tra i ginecologi, con picchi tra l’80 e il 95% in Molise,Sicilia, Basilicata. (1)
In piena emergenza, mentre il ministro della salute dichiara che l’interruzione volontaria di gravidanza è una prestazione indifferibile senza però specificare come andrebbe gestita ora, il mondo sanitario reagisce in modo caotico e quasi mai per tutelare la nostra salute e libertà riproduttiva. Molte strutture hanno limitato l’accesso all’IVG, alcune hanno direttamente interrotto il servizio o lo hanno trasferito senza darne comunicazione, i centralini dei reparti e dei consultori restano spesso muti o non danno informazioni precise su come comportarsi, e una donna che si trovi con la necessità di abortire è più che mai sola.
Molti centri inoltre hanno sospeso gli aborti farmacologici rimpiazzandoli con l’intervento classico, che è a tutti gli effetti un intervento chirurgico e richiede anestesia totale e tre giorni di ricovero. Cosa davvero inspiegabile in un momento in cui c’è carenza di posti letto e chi permane negli ospedali espone sé stessa e i propri cari alla possibilità di contagio. In molti altri stati invece la tendenza è opposta, e si procede senza indugi alla soluzione farmacologica in tutti i casi possibili, anche con il ricorso alla tele-medicina e riservando l’ospedalizzazione solo ai rarissimi casi in cui si manifestano controindicazioni. (2)
Cosa fare dunque se ci si trova a dover abortire ora? Auto organizzarci, come sempre. Segnaliamo due risorse importanti che si occupano di mappare obiettori di coscienza e farmacie che rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo (e talvolta anche la pillola anticoncezionale), e che in questi giorni hanno contribuito in modo fondamentale al dibattito nazionale sul diritto all’aborto: Obiezione respinta (https://obiezionerespinta.info/ e https://www.facebook.com/obiezionerespinta/ ) e IVG ho abortito e sto benissimo (https://www.facebook.com/IVG-ho-abortito-e-sto-benissimo-701164346922929/). Obiezione respinta ha inoltre creato una rete di solidarietà femminile, un canale telegram su cui segnalare gli ospedali, ambulatori e cliniche che garantiscono il servizio o che lo negano (qui il link https://t.me/aborto_emergenzaCOVID19).
L’iter consigliato è dunque contattare tempestivamente il medico di famiglia (o il ginecologo di fiducia – speriamo non obiettore – o un consultorio aperto), farsi prescrivere l’intervento con urgenza e poi attaccarsi al telefono. Le preziose informazioni raccolte da Obiezione respinta sul canale telegram possono aiutarci a risparmiare tempo prezioso, e possiamo contribuire alle segnalazioni per ampliare la mappa. Ricordiamo anche che i centri per IVG non possono rifiutare l’intervento a pazienti non residenti, e che tutte le farmacie devono vendere liberamente la pillola del giorno dopo, utile per prevenire la gravidanza fino a 72 ore dopo un rapporto non protetto.
Per non farci mancare nulla in Italia, oltre alle solite lungaggini burocratiche, ci sono sempre di mezzo i cattolici, i bigotti e soprattutto chi è in perenne ricerca dei loro voti. Non si sono fatti attendere gli attacchi della destra nei confronti di queste iniziative di auto-organizzazione femminile, mentre il gruppo ProVita e Famiglia ha cavalcato l’onda per lanciare una petizione online, chiedendo di bloccare tutti i servizi IVG a livello nazionale dichiarando: “Durante la pandemia, l’aborto non è un servizio essenziale”.(3)
Sempre dalla parte delle donne, per l’autodeterminazione e la libertà. Sul nostro corpo decidiamo noi, né dio né stato né famiglia!
fonti:

Perché una battaglia non può sacrificarne un’altra

24 marzo 2020: “Padova, in quarantena col marito violento, massacrata a colpi di martello: è grave”.

Questa è solo l’ultima notizia di femminicidio di cui veniamo a conoscenza. La colpa? Il patriarcato: il virus più letale per quanto riguarda l’autodeterminazione delle donne. Queste settimane di isolamento e auto-quarantena da covid-19 non risparmiano la libertà delle donne vittime di violenza, costrette a rimanere chiuse in casa con i propri carnefici. In Italia, ogni 72 ore viene uccisa una donna. Negli ultimi anni i dati mostrano una diminuzione degli omicidi, mentre i femminicidi sono in aumento; i carnefici sono, per la maggior parte, mariti, partner o ex partner. Queste donne vengono uccise perché non si piegano, perché sono e vogliono rimanere libere.

Quest’anno l’8 marzo molt* di noi lo hanno festeggiato in casa. La lotta transfemminista che da qualche anno a questa parte riempie le strade e le città con i suoi colori e le sue voci, quest’anno ha dovuto fare i conti con i decreti che ci costringono nelle nostre case. La volontà iniziale di non farsi fermare in un giorno così importante è andata velocemente ad affievolirsi nel panico generale che ci ha obbligat* a isolarci per evitare il contagio nostro e dei nostri cari. Ma il famoso hashtag #restateacasa che gli abitanti dei social network e le celebrità si prodigano di diffondere il più possibile, non tiene conto di tutte quelle individualità che in casa trovano il proprio terreno di scontro: è proprio all’interno delle mura domestiche che avvengono la maggior parte delle violenze di genere e dei femminicidi. In queste settimane di emergenza non bisogna dimenticare che tante donne (sempre di più) sono costrette a vivere 24 ore al giorno al fianco dei propri potenziali assassini. L’isolamento è una delle caratteristiche più comuni delle relazioni abusanti, ed è già dimostrato come la violenza domestica aumenti durante i periodi di vacanza dal lavoro. Per tante donne andare a lavoro o poter semplicemente uscire di casa significa poter sfuggire anche solo per poco alle dinamiche di violenza domestica e di dominio nelle quali vivono tutti i giorni, e al momento questo non è possibile. L’imposizione dell’isolamento non fa che amplificare il rischio a cui queste persone sono esposte. Restare a casa e condividere costantemente lo spazio con i propri aggressori per molte donne non è l’opzione più sicura, e crea anzi le circostanze in cui la propria incolumità viene ulteriormente compromessa.

Senza possibilità di uscire, per tutte queste donne chiedere aiuto diventa sempre più difficile. Inoltre, in questa situazione emergenziale, le donne si vedono caricate di un ulteriore peso. La chiusura delle scuole e dei centri diurni per gli anziani o per le persone non autosufficienti sta aumentando infatti gli oneri di lavoro domestico e di cura non retribuito, che continua a ricadere principalmente sulle donne. I settori di lavoro con la più alta esposizione al virus poi sono principalmente femminili: le donne rappresentano il 70 per cento del personale nel settore sanitario e sociale a livello globale. All’interno di questo settore esiste un ulteriore divario retributivo medio di genere del 28 per cento.

 Se le forze di polizia affermano con fierezza che i furti nelle città sono in diminuzione in queste settimane, i numeri di violenze domestiche aumentano di giorno in giorno; li chiamano “litigi familiari”, ma a perdere sono ancora una volta le donne. In Italia, da quando è iniziata l’emergenza coronavirus c’è stato anche «un calo» nelle denunce per maltrattamenti. In Cina questi effetti “secondari” della pandemia a seguito dei blocchi imposti si sono già verificati: dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero totale di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou, nella provincia di Hubei, è salito a oltre 300. E a febbraio il numero di casi è raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Secondo uno degli attivisti che ha fondato l’ong, «l’epidemia ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica».

In Ohio e Texas le cliniche che praticano aborti dovranno sospendere gli aborti chirurgici “non essenziali”, al fine di tenere disponibili le forniture mediche per far fronte all’epidemia. La misura ha spinto i gruppi anti-aborto a chiedere che il divieto venga esteso a livello nazionale.

Anche in questo caso le conseguenze sulle donne dell’emergenza coronavirus non sono dunque confinate in una determinata parte del mondo ma tendono a investire tutto il globo, mostrando in tutta evidenza quanto il patriarcato sia radicato all’interno del tessuto sociale e quanto una situazione emergenziale possa rendere tale dominio opprimente.

In questo periodo emergenziale non dobbiamo smettere di lottare affinché le storie di queste donne non vengano oscurate dalla battaglia contro il covid-19: la lotta non va in quarantena.

Fonti:

https://www.bergamonews.it/2020/03/22/se-restare-a-casa-e-un-incubo-lallarme-dei-centri-antiviolenza-sulle-donne/361321/

https://www.ilpost.it/2020/03/17/il-coronavirus-e-la-violenza-domestica/

https://ilmanifesto.it/in-ohio-e-texas-aborto-vietato-non-essenziale/