FUOCO ALLE GALERE

Sull’onda della mobilitazione in solidarietà ad Alfredo Cospito contro il 41 bis, nell’ultimo anno abbiamo alimentato la lotta anticarceraria sul nostro territorio con dibattiti, presidi e con i saluti sotto al carcere di Quarto d’Asti, con l’obiettivo di rompere il silenzio e l’isolamento in cui lo Stato vorrebbe relegare le persone recluse. Negli ultimi giorni siamo statx tuttx colpitx dall’ennesimo pestaggio all’interno del carcere di Reggio Emilia, dove si vede un detenuto di 40 anni incappucciato e inerme pestato a sangue da un gruppo di 10 guardie. Quelle immagini hanno scatenato indignazione e dibattiti anche in ambienti normalmente impermeabili al tema della violenza istituzionale delle carceri. Ma anche davanti ad un fatto così indifendibile, l’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) ha strumentalizzato senza alcuna vergogna l’episodio per portare avanti le lamentele e le richieste delle guardie del carcere di Quarto d’Asti. Nello specifico denunciano mancanza di personale, luoghi di lavoro insalubri, turni massacranti e mancanza di sicurezza per il personale. Riteniamo che la condizione di sovraffollamento del carcere (in questo momento ad Asti ci sono 271 detenuti su 205 posti), sia un problema che colpisce innanzitutto la qualità della vita dei detenuti. Lo stesso vale per le condizioni insalubri della struttura in cui le persone recluse passano 24 ore al giorno per anni e non solo le 8 ore lavorative come le guardie. Ribadiamo l’assurdità di denunciare le condizioni insalubri per il personale e allo stesso tempo lamentarsi dei numerosi accessi in ospedale dei detenuti. Si tratta evidentemente per le guardie di un semplice intoppo nelle attività quotidiane e non di necessità primarie di esseri umani la cui salute è messa a repentaglio proprio dalle condizioni inumane e degradanti di vita a cui sono costretti. Il comunicato dell’Osapp allude poi al fatto che il potere all’interno delle carceri sia in realtà in ma-no ai detenuti e non alle guardie, e che le “vere vittime” siano le guardie stesse, concetto con cui cercano di sminuire la gravità del pestaggio di Reggio Emilia e dei quotidiani episodi di violenza che avvengono nelle carceri, di cui la maggior parte non arriva mai sui giornali. I sindacati di polizia con l’appoggio dell’informazione mainstream cercano sempre di più di far finire nel dimenticatoio le immagini della mattanza di Santa Maria Capua Vetere, delle morti di Modena, delle torture e pestaggi nelle carceri di Rebibbia, Torino, Cuneo, Ivrea… e la lista delle brutalità all’interno delle carceri perpetrate dalle guardie è lunga. Noi non dimentichiamo. Chi ha il potere assoluto in un carcere? Il sistema carcerario è strutturalmente violento: un regime fatto di secondini e direttori che hanno il totale controllo della violenza, la libertà di decidere sulla salute delle persone rinchiuse scegliendo a propria discrezione se e quando chiamare un medico per una visita o un controllo, di punirle o isolarle arbitrariamente. Di fatto hanno il potere di regolare la vita degli individui attraverso regole incomprensibili che mirano all’infantilizzazione, per esempio con la pratica delle “domandine”, che regolamenta la totalità delle richieste che una persona detenuta può fare anche per le questioni più semplici e basilari che riguardano la vita quotidiana. Ci raccontano che le guardie non sanno se “torneranno vive a casa” dopo il turno di lavoro (se si può chiamare lavoro), ma i dati, le cronache, le storie dei detenutx e dei famigliari ci dicono che ogni due giorni un detenutx si uccide per le condizioni insostenibili in cui sono costrettx a vivere, senza contare le persone che muoiono per mancanza di cure e per un sostanziale abbandono. Abbiamo chiuso il 2023 con 69 suicidi, per lo più per impiccamento e da inizio 2024 siamo già a 20 persone. L’ultimo si è tolto la vita impiccandosi dentro un lager di Stato per le persone senza documenti, chiamato CPR. Queste non sono morti in carcere, sono morti di carcere, omicidi di Stato per cui nessuno è però chiamato ad assumersi alcuna responsabilità. Tornando a ciò che succede a due passi da casa nostra, non smetteremo mai di raccontare i fatti del 2004 di Quarto d’Asti quando due detenuti vennero condotti nelle celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi e a strappargli a mani nude il codino come regalo di natale da parte di una guardia al suo collega. Ai tempi dei fatti il direttore del carcere era Domenico Minervini. Nel Dicembre 2023 ci ricasca di nuovo e torna agli oneri delle cronache per essere stato indagato nel processo sulle torture avvenute nel carcere di Torino nel periodo tra aprile 2017 e ottobre 2019. Accusato di aver ignorato le segnalazioni sulle violenze. Sanzionato con 350 euro di multa. La lista infinita di violenze che la popolazione carceraria subisce non rimane sempre senza risposta perché nonostante le ripercussioni c’è chi continua a ribellarsi e a non abbassare la testa davanti ai soprusi quotidiani che subisce. L’unico mezzo che i detenuti hanno per far sentire la propria voce è la protesta attraverso battiture, scioperi del carrello, ammutinamenti, scioperi della fame e rivolte. Queste pratiche diffuse e frequenti vengono silenziate e screditate dai mezzi di comunicazione che le raccontano come reazioni prive di senso, senza mai dare voce alle motivazioni che le hanno innescate. Il coraggio delle persone recluse che decidono di ribellarsi ci racconta che le prigioni non possono essere riformate o abbellite, ma solo distrutte. Ribadiamo che il carcere è l’istituzione creata dallo Stato per punire e disumanizzare gli esseri umani ritenuti scarto o chi decide di ribellarsi contro il sistema di oppressione e sfruttamento, dove tuttx noi sia costretti a sopravvivere. Il carcere basa le sue fondamenta sul controllo, l’isolamento, l’umiliazione, la privazione e la violenza. Sappiamo bene che la lotta contro le galere è un pezzettino di una lotta rivoluzionaria più ampia che mira alla distruzione del modello sociale attuale per la costruzione di una società senza padroni, che la faccia finita con gli Stati, le sue prigioni, le sue frontiere, con un’elite enormemente ricca che sfrutta la maggioranza delle persone e devasta l’ambiente accrescendo anno dopo anno la disuguaglianza economica. Ma sappiamo altrettanto bene che nessuna lotta sociale per un mondo più equo, basato sulla solidarietà e non sull’oppressione, possa fare a meno di confrontarsi con la questione carceraria. Non esiste prospettiva di cambiamento reale nella società senza includere in questo cambiamento anche chi subisce le forme di oppressione più estreme e violente, e una riflessione sulla gestione collettiva del conflitto e del disagio.

Invitiamo tutti e tutte ad unirsi a noi per vedere e sentire di persona quanto quei muri siano di per sé una violenza disumana, impossibile da riformare. Approfittiamo di questi pensieri per portare solidarietà a tuttx i/le compagnx colpitx dalla repressione che mira a sotterrare sotto anni di galera la propaganda, le pratiche anarchiche e chiunque decida di lottare contro questo esistente. Dal buco nero del 41 bis fino alle galere Ungheresi SOLIDALI E COMPLICI CON CHI È RECLUSX E CON CHI LOTTA !

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SALUTO AL CARCERE DI QUARTO D’ASTI

Il 24 Dicembre alle 15 torniamo sotto le mura del carcere di Quarto d’Asti per un saluto solidale a tutti i reclusi. Il tentativo del governo Meloni di fare approvare il nuovo pacchetto sicurezza è la dimostrazione del fatto che la solidarierà e la lotta a fianco di tutte le persone che si ribellano dentro ad una cella di un carcere o di un Cpr, fa paura allo Stato e a chi ci governa.

Nessun pacchetto sicurezza, nessun governo fermerà la solidarietà e chi lotta !

FUOCO ALLE GALERE !

LIBERX TUTTX !

SALUTO SOLIDALE AL CARCERE DI ASTI + PUNTO INFO CENTRO CITTA’

Il 25 novembre torneremo sotto al carcere di Quarto d’asti per far sentire la nostra vicinanza e solidarietà a tutti I detenuti, ribadendo con forza che il carcere è un luogo dedicato unicamente ad isolare e annichilire tutte quelle categorie di persone che lo Stato reputa “criminali”, nemici o eccedenze sacrificabili dell’umanità. Ogni suicidio, pestaggio, tortura, insabbiamento, ogni persona che muore all’interno di una cella è un omicidio di Stato !
In un clima di guerra totale e di emergenza permanente, tutte le persone che non abbassano la testa, e decidono di rispondere colpo su colpo alle nefandezze dei governanti di turno, vengono represse, sepolte sotto anni di carcere o sorvegliate tramite leggi fasciste come la Sorveglianza speciale misura preventiva data a soggetti ritenuti “pericolosi”. Questi sono giorni dove anche solo esprimere determinate idee diventa un problema, lo abbiamo visto in Germania e in Francia, dove i due stati hanno vietato tutte le manifestazioni in solidarietà al popolo Palestinese. il 18 ottobre a Berlino e in altre città tedesche, diverse migliaia di persone hanno sfidato il divieto statale, scendendo per le strade manifestando la propria solidarietà agli abitanti di Gaza,ci sono stati diversi arresti tra cui Lollo, un compagno italiano.  Anche lo stato d’Israele reprime con il carcere chi diserta la leva obbligatoria per non essere il braccio armato di uno Stato oppressore e colonialista.Se poi le idee sono sovversive, rivoluzionarie, che spingono a rovesciare lo stato di cose esistente allora ti aspetta il  carcere, com’è successo a Gino Vatteroni,compagno anarchico rinchiuso al carcere di Alessandria in alta sicurezza per aver  redatto e distribuito “Bezmotivny ”  un giornale anarchico internazionalista. Sempre ad Alessandria, alcuni prigionieri rivoluzionari, continuano a subire una detenzione politica che dura da più di 40 anni.
Andremo sotto le mura del carcere di Quarto d’Asti anche in solidarietà alla popolazione Palestinese sotto i bombardamenti incessanti di Israele, ancora una volta abbiamo sotto gli occhi la violenza e la complicità di uomini e donne di potere che aspirano a governare I popoli, tracciare confini, decidere sulla vita di milioni di persone.. poco conta se lo fanno in nome di fantomatici valori democratici o no. Nella striscia di Gaza si sta consumando un genocidio e la colpa non è solo di chi ubbidisce a un ordine e preme un grilletto, questo conflitto come molti altri parte anche dal nostro paese, con rifornimenti di armi diretti a Tel Aviv, passaggi di navi d’armamenti dai nostri porti, enormi interessi commerciali e politici spingono l’italia e altri paesi occidentali a legittimare e appoggiare la guerra colonialista portata avanti da Israele da 75 anni.
Di fronte alla violenza degli Stati, alla violenza delle loro frontiere,dei loro eserciti e delle loro galere il nostro posto è sempre a fianco a tutti i popoli oppressi
SEMPRE A FIANCO DI CHI LOTTA
LIBERTà PER TUTTI E TUTTE
PALESTINA LIBERA!

SALUTO SOLIDALE AL CARCERE DI ASTI

Il 15 Luglio siamo tornat3 sotto il carcere di Quarto d’Asti in solidarietà a tutti i detenuti.
Mentre le inizitive di solidarietà e la lotta contro il carcere continuano vogliamo rompere il silenzio assordante che si è creato intorno ai detenuti in sciopero della fame contro il regime di 41 bis di Domenico Porcelli e Natale tutti e due imprigionati a Bancali.

Le condizioni di Domenico non sono buone: pressione molto bassa, come anche la glicemia, dolori alle gambe, stanchezza costante tanto da essere spesso assopito durante la giornata. Anche l’eloquio non è fluido, ma un po’ biascicante. Dal 28/02 ha perso 16 kg solo di muscoli.

Il 12/6 Natale detenuto ha iniziato uno sciopero della fame, la sua richiesta è solo quella di essere trasferito (anche in isolamento) per essere curato in modo adeguato.
SOLIDARIETà AD ANNA E ALFREDO E A TUTTX COMPAGNX COLPITX DALLA REPRESSIONE
NON LASCIAMO SOLX CHI LOTTA DENTRO E FUORI LE CARCERI!

CONTRO TUTTE LE GALERE – ROMPIAMO L’ISOLAMENTO

Sabato 6 maggio ci siamo ritrovatx sotto le mura del carcere della nostra città, a Quarto d’Asti. Sull’onda della lotta portata avanti da Alfredo Cospito e la mobilitazione internazionale al suo fianco abbiamo provato a rompere quel muro di silenzio e isolamento che divide I prigionieri dal resto della città.
Abbiamo raccontato a tuttə loro dello sciopero della fame di Alfredo e  che per le strade e per le piazze si è lottato contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo per più di 6 mesi e non solo in Italia, abbiamo raccontato che ad oggi molte persone sanno che le punte di diamante del sistema carcerario italiano, sono strumenti di morte, annichilimento, tortura e che Il 41 bis e l’ergastolo non sono “condanne sproporzionate” solo per Alfredo, ma sono lente condanne a morte per tutte le persone che li subiscono.
Abbiamo parlato delle rivolte del marzo 2020 e di come lo stato le abbia represse nel sangue uccidendo 1 persone,  degli 84 suicidi in carcere nel solo anno 2022, abbiamo gridato con forza che vogliamo tuttx liberx e che fuori per le strade continuaimo a lottare per far si che di galere e Cpr, le prigioni per chi è senza documenti, rimangano solo macerie.
Abbiamo gridato la nostra solidarietà oltre quelle mura a tutta la popolazione carceraria, comunicando che sappiamo le condizioni in cui sono costretti a vivere, una situazione di sovraffolamento, in questo momento sono in 282 su 205 posti disponibili. Nelle celle non c’è l’acqua calda. 
Abbiamo raccontato cos’è successo nel 2004 all’interno delle mura in cui si trovano, dove un detenuto era stato rinchiuso in una cella d’isolamento nudo, che in quella cella non c’erano neanche i vetri alle finstre, non c’era un materasso, l’unico cibo che gli davano era pane e acqua e le guardie lo hanno picchiato per mesi, fratturandogli una costola. Abbiamo raccontato che i medici all’interno non dissero nulla e che una guardia strappò a mani nude la  coda dei capelli del detenuto per regalarla al suo collega come regalo di natale. 
Le reazioni solidali dall’interno non si sono fatte attendere, rompendo per un giorno quel muro di cinta che ci divide, rompendo quel silenzio fatto di guardie, isolamento e violenza.
Mentre scriviamo queste poche righe c’è chi continua a lottare all’interno delle galere, un detenuto nel carcere di Bancali, Domenico Porcelli, 49 anni ha iniziato uno sciopero della fame da circa due mesi in solidarietà ad Alfredo Cospito e per protestare contro il prolungamento della misura del 41 bis nei suoi confronti, ha perso 15kg, ha deciso dal 3 maggio, di rifiutare le flebo e la sua salute è in condizioni critiche. 
Un altra storia di cui vogliamo parlare è quella di Alessio Attanasio un detenuto in stato di detenzione cautelare per dei fatti successi nel 2001,lui ha già scontato trent’anni di carcere di cui venti ininterrottamente in regime di 41 bis, al momento dopo un periodo di detenzione nel carcere di Massama nella sezione ad alta sicurezza (AS1) ad Oristano è stato ritrasferito in regime di 41 bis a Nuoro pur nonostante non ci siano i presupposti. Alessio in questo momento è in isolamento totale: non gli è permesso avere un fornelletto per scaldare i cibi, non ha la televisione, gli sono stati tolte le ante dell’armadio, non può continuare gli studi, lui è iscritto all’univesità di Sassari presso la  facoltá di Giurisprudenza, gli è stato negato di usare il computer per scrivere, studiare e visionare i suoi atti processuali. Dal 5 Marzo 2023 Alessio ha iniziato uno sciopero del vitto in solidarietà ad Alfredo Cospito.
In tanto il carcere continua ad uccidere, da inizio anno sono morte quasi 80 persone tra cui due detenuti entrambi ristetti nel carcere di Augusta nel Siracusano, deceduti in ospedale a distanza di un mese l’uno dall’altro per le conseguenze di uno sciopero della fame uno portato avanti per 60 giorni l’atro da 41, due persone, due essere umani morti nella totale indifferenza  nelle mani dello stato. 
Continuiamo a rilanciare fuori da quelle mura il coraggio e la forza di chi dentro continua a lottare contro la brutalità della detenzione.  
CONTRO TUTTE LE GALERE – TUTTX LIBERX 
SOLIDARIETÀ A TUTTX I/LE RECLUSX

PROSSIMI APPUNTAMENTI

TORINO
sabato 20 maggio
h 13 pranzo con distro e mostra informativa sulla lotta anticarceraria all’ex lavatoio occupato – corso benedetto brin 21, Torino
h 18 presidio solidale sotto le mura del carcere Lorusso e Cotugno Torino – appuntamento al capolinea tram 3
https://gancio.cisti.org/event/presidio-al-carcere-delle-vallette-4

sabato 27 maggio
h 17 saluto al carcere minorile di Torino Ferrante Aporti (via Berruti e Ferrari)
https://gancio.cisti.org/event/saluto-al-carcere-minorile-ferrante-aporti-via-berruti-e-ferreri-torino

MILANO
domenica 21 maggio
h 17 presidio al carcere di San Vittore, piazzale Aquileia, Milano
https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/05/14/presidio-al-carcere-di-san-vittore-milano-21-maggio-2023/

BOLOGNA
domenica 21 maggio
h 17 presidio al carcere della Dozza, via del Gomito, Bologna. Ritrovo in Piazza dell’Unità alle 16 per andare insieme in bus (linea 25)
https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/16/bologna-presidio-al-carcere-della-dozza/

NON SONO MELE MARCE

Presidio anticarcerario 2 luglio.

MELE MARCE?

Sul web corrono veloci le immagini agghiaccianti del pestaggio punitivo avvenuto all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, come atto di vendetta dopo la rivolta da parte dei detenuti nel mese di Aprile in piena pandemia. Quasi contemporaneamente escono le immagini e la storia di un’agressione violentissima subita da dei ragazz* non bianch* a Milano, sempre da parte della polizia.

Un fiume di soprusi e violenza che si ingrossa di più ogni giorno che passa e tutto questo all’avvicinarsi del ventennale del G8 di Genova, dove la polizia uccise Carlo Giuliani, picchiò e torturò migliaia di persone.

Riguardo ai fatti di Santa Maria Capua Vetere la risposta da parte dello Stato sembra essere esemplare e celere: 52 misure cautelari, sospensioni e incarcerazioni. A cosa servirà tutto questo? Ben poco. Queste azioni legali serviranno solo a sostituire il corpo della polizia penitenziaria di quella sezione creando ancora di più un clima di tensione tra detenuti e guardie, perchè il ricordo e le ferite di quella notte non passeranno facilmente.

Dopo una prima ondata di indignazione che ha attraversato giornali e coscienze, la narrazione proprosta è ritornata ad essere sempre la stessa: sono mele marce, anomalie, ingranaggi arrugginiti di un meccanismo di per sé giusto ma che ha bisogno di una bella oliata e di maggiore controllo.

Ciò che è successo però non è un’eccezione ma la regola. La violenza fa parte della quotidianità delle carceri, è il seme da cui nasce questa istituzione. Privare le persone della propria libertà e rinchiuderle tra quattro mura in cui solo chi ha la divisa detiene il potere non può che portare a metodi e pratiche violente. Continueremo a denunciare l’atrocità e l’inutilità di questi luoghi che hanno l’unico scopo di ghettizzare ed annullare le persone considerate indecorose e scomode per la società.

Il carcere non si può addolcire, il carcere non può essere riformato. L’unica soluzione è abbatterlo e trovare risposte adeguate alle situazioni di emarginazione e criminalizzazione.

Contro tutte le galere e contro tutte le violenze poliziesche. Per un mondo fondato sull’uguaglianza, il mutuo appoggio, la solidarietà. Non sono mele marce: è la pianta che è da estirpare. Non sono casi isolati: è il sistema sociale che deve essere cambiato alla radice

Volantino pdf

VAGLI A SPIEGARE CHE È PRIMAVERA – CONOSCERE IL CARCERE PER ABBATTERLO. 3° Appuntamento

Domenica 16 Maggio ore 16 in Piazza Statuto – Asti.

Terzo incontro di lotta contro le prigioni: materiale informativo, performance e interventi sulla quotidianità del carcere.

STRETTI TRA 4 MURA

In carcere? Guarda che quelli stanno benone! Lo Stato ti mantiene e non devi lavorare, stai a letto tutto il giorno a guardare la tv! E poi tanto dopo poco tempo escono anche gli assassini.

Quante volte parlando del carcere sentiamo questi discorsi? Abbiamo sempre considerato la carcerazione qualcosa di lontano dalle nostre vite ma in quest’anno di pandemia ci siamo resi conto che stare sul divano a guardare la tv tutto il giorno non è un gran piacere e che le restrizioni alla propria libertà di movimento sono dopo poco tempo insostenibili. Non a caso proprio dall’inizio della pandemia sono notevolmente aumentati i tassi di suicidio e numerose persone hanno riportato sintomi depressivi ed elevati livelli di stress e ansia. 

Oggi, possiamo quindi cercare di comprendere meglio chi passa mesi, anni e decenni all’interno delle 4 mura della cella.

Ogni giorno subiscono i rumori assordanti dei blindi che sbattono, delle chiavi che sferragliano e delle urla incessanti. Ogni giorno consumano pasti che costano allo Stato non più di 4 euro al giorno per detenuto e in alternativa possono cercare di acquistare qualcosa con costi decisamente superiori a quelli che troviamo in un qualsiasi supermercato. Ogni giorno devono respirare la stessa aria stantia e umida che si mescola all’odore del sudore, del caffè e dei diversi piatti tipici di ogni popolazione presente. 

Ogni giorno la luce al neon peggiora la vista e tutto ciò che puoi osservare intorno sono sbarre ed espressioni serie. Ogni giorno sono privati di contatto fisico ad eccezione delle perquisizioni fisiche che spogliano la persona anche del più piccolo spazio intimo e personale. Ogni giorno posseggono solo un’ora all’esterno delle sezioni, sempre se il sovraffollamento e il personale in turno lo rendono possibile, definita ora d’aria. 

“Aria: che coraggio chiamarla aria; quattro mura brutte, grigie, fredde, spoglie ed in mezzo un casino di persone che camminano, avanti indietro, avanti indietro, i soliti discorsi, le solite facce e questa tensione, sopita come un gatto, la vedi, la senti, la tocchi, e speri che non si svegli, perché è come un barile di dinamite con un fiammifero sotto, sempre pronto ad esplodere, troppe persone, troppa gente ed allora il pallone, partite fatte a scaricare la tensione su quel povero pallone, partite cariche di rabbia, come se ci si giocasse la libertà”.

Ogni giorno devi cercare di essere il più possibile arrendevole con tutti per evitare pestaggi da parte del personale o degli altri detenuti e per evitare l’isolamento. Perché se ti va bene puoi condividere le tue mura con altre 2,3,4,6 persone, se ti va male puoi finire in una cella con le pareti lisce, senza vetri alle finestre, senza lavandino e sedie, con solo una branda priva di materasso. Questo è ciò che è successo ad un detenuto nel carcere di Asti nel 2017. Per due mesi gli stono stati razionati i pasti come punizione e veniva picchiato ripetutamente, più volte al giorno, fino a procurargli la frattura di una costola e diverse ecchimosi ed infine, prima di riportarlo in sezione gli venne strappato a mani nude il codino per farne un regalo ad un agente penitenziario. 

È proprio a causa di queste condizioni disumane che nel solo 2020 ci sono stati 61 suicidi, senza contare i tentativi falliti. Questa è la vera quotidianità del carcere, un’istituzione che ha come unico scopo reale quello di ghettizzare le persone considerate come scomode e diverse: un grande contenitore in cui raccogliere (e rimuovere) problematiche sociali che altrove non trovano adeguate risposte.

«Le prigioni italiane, così come avviene in tutta Europa, sono popolate non tanto di grandi criminali ritenuti responsabili di gravi reati, ma piuttosto di fasce estremamente marginali della popolazione per cui spesso devianza e criminalità (prevalentemente micro) rappresentano un’espressione di problematiche sociali che meriterebbero risposte altre. […]. Il profilo sociale di questi detenuti ci descrive persone perlopiù giovani o giovanissime con un basso livello di istruzione, che non hanno mai avuto un’occupazione lavorativa stabile e regolare e che spesso risultano privi di un’adeguata rete affettivo-familiare e sociale che funga da sostegno nelle situazioni critiche; per queste persone le scelte devianti rappresentano in qualche caso una necessità di sopravvivenza, ma più spesso l’espressione di un disagio sociale che potrebbe essere contenuto con strumenti ben più efficaci di quello penale» (Rapporto Antigone, 2001, p.17). 

Possiamo quindi continuare a fregarcene di questa parte di popolazione che ad oggi è formata da circa 55.000 persone o iniziare a conoscere in modo consapevole e più responsabile il posto in cui vivono, i danni che subiscono e quante irrisorie siano le possibilità, una volta scontata la pena, di poter vivere una vita diversa.  Forse, dopo esserci lamentati per mesi di una vita che assomiglia solo lontanamente alla loro quotidianità possiamo comprendere meglio o almeno possiamo provare a non ricadere nuovamente negli ormai triti e ritriti luoghi comuni sul carcere e sulle vite che lo subiscono. 

E forse a partire da questo possiamo immaginare che cosa voglia dire vivere così per dieci giorni, dieci mesi, dieci anni. A cosa serve passare le proprie giornate in queste condizioni? Che cosa si può imparare in un simile contesto? Come si può pensare che tale segregazione sia una soluzione reale ai problemi sociali? La violenza e l’emarginazione dell’istituzione carceraria non creano altro che ulteriore violenza ed emarginazione. E questo perché le persone che stanno “lì dentro” appartengono alla società e a lei dovranno tornare. La soluzione non può essere la loro ghettizzazione, perché questo non porta né quella rieducazione che viene dichiarata come obbiettivo né tanto meno sicurezza. Per tali ragioni è oggi più che mai necessario immaginare una società diversa che sappia fare a meno di questi luoghi di abbruttimento e di prevaricazione. Che sappia fare a meno di queste macchine di esclusione e di sofferenza che non si possono in alcun modo riformare ma solo abbattere una volta per tutte. Come si abbatterono i manicomi: istituzioni totali altrettanto mostruose e degradanti, le cui mura caddero solo dopo lunghe lotte e nonostante il timore instillato da chi voleva la malattia mentale imprigionata, isolata e punita.

I veri criminali siedono in parlamento e nei consigli di amministrazione. Sono loro a costringere migliaia di persone alla fame e alla cosiddetta “delinquenza”. Un’altra società, che sappia fare a meno di prigioni e galere, che si fondi sull’uguaglianza, la solidarietà e il mutuo appoggio è possibile. E sta a noi batterci per realizzarla.

LABORATORIO AUTOGESTITO LA MICCIA

Micheal Foucault E Il Gruppo Di Informazione Sulle Prigioni

Venerdì 14 maggio ore 21

Vagli a spiegare che è primavera. secondo appuntamento di informazione e lotta contro le prigioni.

Con Salvo Vaccaro.

https://us02web.zoom.us/j/88203519909
ID riunione: 882 0351 9909

L’8 febbraio 1971 Foucault annuncia la creazione del Gruppo d’informazione sulle prigioni (GIP). Il Gruppo ha sede presso l’abitazione dello stesso Foucault e raccoglie intellettuali, ex-detenuti, familiari di detenuti e militanti politici di varia estrazione. Il Gruppo rifiuta nettamente la possibilità di “migliorare, addolcire, rendere più sostenibile” il carcere. L’obbiettivo è quello di dar voce ai detenuti attraverso inchieste che “accrescano l’intolleranza verso il carcere e ne facciano un’intolleranza attiva”, nella consapevolezza che “la prigione inizia ben prima dei suoi portoni”. Da questa attività militante nascerà nel 1975 “Sorvegliare e punire”, uno dei libri più noti di Foucault: un testo fondamentale per comprendere la nascita della prigione e le dinamiche di potere che la sostengono, ma anche per immaginare forme di resistenza da opporgli. Per creare una società senza più prigioni che, “al posto di rispondere alla delinquenza con la repressione, ne curi le cause”.

incontrontro organizzato da

– Lab. Autogestito la Miccia
– Laboratorio Anarchico Perlanera
– Federazione Anarchica Torinese