Ci risiamo! Sui fatti di Bologna

Si ripete un copione già noto: sette anarchicx arrestati, altrx cinque con obbligo di dimora. Questa volta a Bologna, facendo tanto rumore. Le accuse sono pesanti: associazione con finalità di terrorismo e di eversione dello Stato democratico. Capi di imputazione per i quali si rischiano fino a 10 anni di reclusione. L’accusa più grave riguarderebbe il danneggiamento di alcuni ripetitori. Un gesto poco più che simbolico che non ha visto coinvolta nessuna persona fisica. 
 
Vengono contestati poi altri reati minori, tra i quali i più significativi sarebbero la produzione e la diffusione di materiale propagandistico, in solidarietà con i detenuti e contro i CPR, su siti e social network: veri e propri “reati d’opinione” che appaiono quanto mai distanti dagli atti di reale terrorismo che ben conosciamo. L’azione, per ammissione della stessa procura, ha una forte valenza preventivascongiurare il diffondersi di campagne di lotta anti-stato” in questo momento di emergenza. Per un approfondimento sulle accuse e sui fatti contestati rimandiamo all’articolo e all’intervista pubblicate dalla bolognese Radio Fujiko: https://www.radiocittafujiko.it/bologna-le-pesanti-e-gia-viste-accuse-di-terrorismo-agli-anarchici/
 
Appare palese il tentativo di criminalizzare ancora una volta il dissenso e la solidarietà di chi lotta contro le istituzioni statali, artefici in sommo grado di violenza e soprusi di ogni genere. Questa emergenza sanitaria ha svelato le evidenti responsabilità dei governi per il vergognoso smantellamento della sanità pubblica, per le sempre più profonde diseguaglianze sociali e per l’incondizionato servilismo verso un sistema economico capitalista e distruttivo che ha materialmente creato le condizioni di diffusione del virus. Dunque, proprio in questa emergenza, è considerata ancora più pericolosa ogni forma di dissenso – che sia manifestato fisicamente in strada o anche solo a parole. 
 
Il tempismo di questi arresti non è per nulla casuale e getta una luce inquietante su tutta la vicenda. Se oggi la repressionsi abbatte suglx anarchicx, non è irragionevole pensare che in un futuro non lontano, con il peggioramento delle condizioni economiche e il riacutizzarsi del malessere sociale, tali misure pesantissime finiscano per colpire anche chi anarchicx non è, non appena farà un passo fuori dal limite di ciò che è consentito fare, dire e pensare nei confronti di chi accentra nelle proprie mani potere e ricchezza. 
 
Questi fatti ci chiamano tuttx a prendere una posizione netta in merito, e la nostra non può che essere di solidarietà verso tuttx lx compagnx colpite da questa infame manovra, e verso chiunque decida di opporsi a questa violenza istituzionale. Consci che un domani queste stesse parole potrebbero essere considerate fuorilegge, continuiamo a lottare perchè non è questo l’unico mondo possibile, e di certo nemmeno il migliore.
 
Per la libertà e per la fine di ogni sfruttamento, insieme a chi resiste e lotta!
 
L.A MICCIA
 
 

Spesa Sospesa e Solidarietà di Quartiere

L’8 maggio abbiamo lasciato una cassetta nel parco del quartiere San Rocco, il quartiere in cui vive L.A. Miccia.

Nella cassetta: pasta, sugo, caffè, biscotti, riso, legumi e un invito a prendere e lasciare generi di necessità. Anche alcune copie di Umanità Nova.

Dopo un giorno la spesa iniziale è finita, qualcunx ha aggiunto tonno, pasta e vino, e un commovente biglietto. Grazie e daje di solidarietà!!

Storie del movimento Operaio: Le Occupazioni e i Consigli di fabbrica (1919-1920)

Il primo maggio di 100 anni fa gli operai metallurgici di Asti fondavano la “Casa dei Metallurgici” in via Orfanotrofio n. 7. Quegli stessi operai saranno i protagonisti delle ultime importanti proteste popolari prima dell’avvento del fascismo.

Questa piccola ricerca si concentra sui fatti salienti del Biennio rosso, focalizzandosi sul Movimento dei consigli di fabbrica e sulle occupazioni delle stesse. Lo studio di questo periodo ci permette di analizzare uno strumento di lotta molto interessante per quanto riguardava l’organizzazione delle Fabbriche durante le occupazioni. Gli operai, in quel tempo di grande fermento rivoluzionario, avevano capito che non bastava più lottare per interessi “particolari”, ma che era arrivato il momento di espropriare i mezzi di produzione della classe padronale per non esserne più soggetti e ricattabili. E questo attraverso l’autogestione e il collegamento tra realtà lavorative divise in federazioni (federazioni dei consigli di fabbrica). Non era la rivoluzione sociale, ma sicuramente era un passo importantissimo verso essa: una presa di coscienza da parte della classe operaia di come le cose potessero cambiare solo attraverso l’autogestione e l’azione diretta, rifiutando la delega (collaborazionista) dei sindacati confederali e dei partiti. Furono proprio questi ultimi a mettere i bastoni tra le ruote arrivando ad un’intesa con i padroni, che avrebbero dovuto lasciare qualche piccola concessione ai lavoratori per farli ritornare tra le fila e per far cessare le occupazioni. Questa storia, se pur con dinamiche e situazioni diverse, si è ripetuta in diverse occasioni fino ai giorni nostri. Oggi il mondo è completamente cambiato rispetto al 1920. La voglia di riscatto e di rivalsa della classe operaia sembra ormai sopita da tempo. La competizione, l’individualismo e il disinteresse sembrano dilagare ovunque. Tuttavia certe dinamiche le possiamo ritrovare: la presenza di sindacati confederati (cgl, cisl, uil), che hanno ormai monopolizzato le lotte nei vari settori (con isolate eccezioni) e che si arrogano il diritto di essere gli unici rappresentanti all’interno degli ambienti lavorativi. Queste organizzazioni gerarchiche, preoccupate solo del numero dei tesserati, sono completamente scollate dai lavoratori stessi; vanno al governo e prendono accordi sulla nostra pelle, esattamente come nel 1920 con Giolitti. Sono sindacati a cui non interessa scardinare la logica di sfruttamento capitalistico, anzi la regolarizzano. In questo modo il potere decisionale dei lavoratori negli anni è arrivato a zero e ne abbiamo avuto l’ennesima prova agli inizi dell’emergenza Covid-19, quando molti lavoratori scioperarono in modo spontaneo e autonomo. Dopo poco Confindustria, governo e sindacati confederati decisero con una legge chi poteva rischiare la vita sul posto di lavoro e chi no. Chi continuò a protestare contro questa situazione venne sanzionato o anche licenziato, perché ormai la “legge” parlava chiaro. Certe dinamiche di potere non sono affatto cambiate in tutti questi anni, anzi sono diventate più articolate e forse più difficili da scardinare, ma tanto tempo fa dei lavoratori come noi sono riusciti a mettere in crisi tutto questo sistema tramite l’autogestione, senza deleghe, senza compromessi, solo con l’azione diretta e il mutuo appoggio. Leggendo questa storia, si può capire come i sindacati riformisti e i partiti politici non lottino davvero per l’emancipazione dei lavoratori, ma fungano solo da controllori, pronti ad agire per dare qualche contentino e, qualora qualcosa vada storto, per addolcire la pillola, facendo sì che tutto rimanga sotto controllo. Ragioniamo sugli errori fatti dalle lotte del passato e impariamo a prendere spunto dagli strumenti che si sono rivelati utili. Non facciamoci più fregare!

Contro tutti gli stati. Contro tutti i padroni. Per la rivoluzione sociale.

Che questo scritto possa essere strumento d’ispirazione e spunto di riflessione per tutti i lavoratori e le lavoratrici, sulle lotte passate e su quelle che ci aspettano.

Scarica il testo: Storie del movimento operario – Alessandro Minnella

Nell’immagine: Guardie rosse durante l’occupazione delle fabbriche dell’autunno del 1920.

BERGOGLIO. IL VOLTO E LA MASCHERA

Parte uno:

Parte due:

L’itinerario del papa più amato da certa sinistra italiana, il gesuita approdato in Vaticano per sistemare gli scheletri nell’armadio della Chiesa Cattolica, dalla pedofilia ai conti neri della banca vaticana.
Bergoglio, a capo dei gesuiti argentini negli anni feroci della dittatura, quando gran parte della Chiesa si schierò con i torturatori e gli assassini, si è nutrito di peronismo e dell’ambigua Teologia del Pueblo.
La strategia comunicativa di un papa al passo con i tempi, populista e reazionario, un gesuita che attacca la libertà delle donne, degli omosessuali delle persone transessuali.

Ne parleremo con Daniele Ratti dell’Ateneo Libertario di Milano.

Storia di Nedo. Disertore, partigiano, anarchico.

Giacomo Tartaglino nasce a Mongardino nel 1878 e muore ad Asti nel 1961. Tartaglino, nome di battaglia da partigiano “Nedo”, inizia la propria attività politica come socialista e sindacalista tra i ferrovieri. Durante la Prima Guerra Mondiale organizza una rete che permette l’espatrio clandestino di centinaia di disertori. Disertore egli stesso, sarà una guardia rossa sulle barricate di Monaco. Ritornato in Italia, durante gli anni del fascismo, subirà numerosi fermi e perquisizioni dalla polizia fascista, fino al 1944, anno in cui partecipa alla Resistenza come partigiano combattente. Nel dopoguerra aderirà alla neonata Federazione Anarchica Italiana, facendosi promotore del Gruppo Anarchico “Pietro Ferrero”, con sede ad Asti in via Mazzini n. 6.

Quello che vi proponiamo di seguito è un estratto dall’opuscolo “Storia di Nedo. Disertore, partigiano, anarchico”. Questo piccolo lavoro, autoprodotto dal nostro centro di documentazione CDL Felix, doveva essere presentato proprio in questi giorni. La pandemia ne ha impedito l’uscita ma vogliamo comunque condividerne con voi qualche pagina, in attesa di poter presentare l’intero lavoro in una sede più congrua.

Scarica l’opuscolo qui: Storia di Nedo – estratto

 

Il medico anarchico Virgilio Bottero

Articolo su Virgilio Bottero: astigiano emigrato in Uruguay, medico, anarchico e volontario in Spagna. Perché l’antifascismo non è iniziato l’8 settembre e non si è combattuto solo in Italia.
Per leggere la biografia completa e gli scritti, visitare il seguente link, dal quale è possibile scaricare l’opuscolo edito per CDL Felix: https://cdlfelix.noblogs.org/files/2018/09/Il-medico-di-Luce-Testo.pdf